Il Quinto Potere di Bill Condon tratta un argomento scottante e di stretta attualità senza però riuscire a coinvolgere lo spettatore. Il film lascia aperta una parentesi sulla storia di WikiLeaks e sul suo fondatore Julian Assange, il cui contenuto è ancora tutto da scrivere, come si denota dalle battute finali della pellicola, proiettata nelle sale cinematografiche italiane dal 24 ottobre 2013. A interpretare Assange è l’attore britannico Benedict Cumberbatch, che riesce a calarsi bene nei panni dell’attivista e programmatore australiano, un uomo dal carattere piuttosto contorto. La pellicola si muove su due binari; il primo traccia un profilo della personalità di Assange, fatta di luci e soprattutto di ombre che sono il frutto di un’infanzia oscura, trascorsa in una setta; il secondo segue le vicende di WikiLeaks, una piattaforma online che permette alle fonti di inviare, in maniera anonima, documenti riservati di banche, governi e aziende, i quali sono infine divulgati sul portale integralmente. Le sequenze del film sono rapide, quasi compulsive, proprio come l’andatura di Assange; la grafica è essenziale. I due binari s’intrecciano di continuo perché l’anima di WikiLeaks è solo Julian, che con la sua ambizione di voler cambiare il mondo mette se stesso al centro dell’Organizzazione perché non si fida di nessuno. Assange comunque si fa affiancare inizialmente da Daniel Domscheit-Berg (Daniel Bruhl), con il quale muove i primi e significativi passi di WikiLeaks. Ma il rapporto di collaborazione tra i due comincia scricchiolare, fino a spezzarsi del tutto, quando arrivano informazioni private e scottanti dagli archivi degli Stati Uniti d’America che possono mettere a rischio l’intero sistema mondiale. E proprio in questo momento sorge una domanda non scontata e necessaria, intorno alla quale gira tutto il film: E` etico diffondere documenti riservati che potrebbero addirittura far scoppiare conflitti e provocare la morte di persone e intere famiglie? Non c’è risposta a questo interrogativo nella pellicola di Condon, perché il fenomeno WikiLeaks è ancora troppo giovane per essere circoscritto e spiegato. Il film non è un documentario, quindi non cerca la verità assoluta, ma si basa su una versione della storia, narrata nei libri Inside Wikileaks di Daniel Domscheit-Berg e Wikileaks di David Leigh e Luke Harding, due giornalisti del Guardian.
m.i.