Con l’intensa interpretazione del particolarissimo personaggio di Samira nel film “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante, l’attrice Elena Cotta ha conquistato la prestigiosa Coppa Volpi, per la miglior interpretazione femminile, alla 70ma Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Cultura & Culture ha intervistato l’artista per approfondire la conoscenza di questa meravigliosa interprete e per scoprire quanta tenacia si nasconde dietro ai suoi occhi color ghiaccio.
Grande passione ed espressività caratterizzano da sempre la Sua persona. Quando ha capito di amare il mestiere di attrice e di voler intraprendere la carriera artistica?
Sia io che mio marito Carlo (Alighiero ndr) venivamo da famiglie lontanissime dal mondo dello spettacolo, all’epoca io frequentavo il Liceo Parini a Milano e Carlo l’Università Bocconi. Mi piaceva seguire gli spettacoli, acquistavo gli abbonamenti e andavo spesso al Piccolo, poi un giorno, in maniera del tutto casuale, vidi una lunga fila di aspiranti attori all’Accademia di Milano e decisi di provare a entrare, anche per Carlo fu lo stesso e proprio in quell’occasione i nostri destini si incrociarono. Entrambi avevamo ottime qualità e, mentre Carlo venne subito ammesso all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico con tanto di borsa di studio, io ero ancora troppo giovane e lo raggiunsi soltanto l’anno dopo, anche io con borsa di studio. L’attitudine per questo mestiere ci ha sicuramente aiutati ma il nostro essere uniti ci ha dato ancora più forza.
In una recente intervista ha raccontato che il Suo primo lavoro retribuito, in qualità di attrice, fu nel ’51. Cosa provò quando fu scelta?
Si trattò di una piccola parte, ero una suorina, recitai anche un paio di battute e ricordo di aver provato assoluta disinvoltura. Mio padre, piuttosto, restò sconvolto dal fatto che ricevetti una retribuzione di ben 20.000 lire e con quei soldi raggiunsi Carlo a Roma il 7 giugno.
Lei ha trascorso tantissimi anni nel mondo del teatro, del cinema e della tv. Qual è il ricordo che conserva nel cuore e quello che invece vorrebbe cancellare?
Beh le soddisfazioni sono state tantissime, non saprei davvero quale scegliere. Sicuramente l’ “Amleto” di Bacchelli è stato il lavoro che avrebbe meritato più risonanza, fu considerato un lavoro sperimentale ma si trattò di un’opera di un’intensità tale da essere rimasta assolutamente nel mio cuore.
A proposito dell’Amleto di Bacchelli, quali sono state le difficoltà dell’interpretare un personaggio maschile?
All’epoca avevo un fisico davvero androgino! Capelli cortissimi e una figura incerta si sposavano bene con l’immagine di un individuo in piena formazione morale, sessuale, esistenziale. Quello che risulta davvero interessante di quest’opera è la chiave di lettura: Amleto è solo, la solitudine è la sua debolezza, lui cerca di vincere potenti e le ingiustizie ma non ha amici e la sua scelta lo rende la vittima predestinata.
Nella Sua interpretazione del personaggio di Samira nel film “Via Castellana Bandiera”, Lei ha recitato soprattutto attraverso l’uso degli occhi. Cosa vuol dire recitare con lo sguardo?
Recitare significa esprimersi con intensità. La mimica facciale si serve della “geografia del viso”, ovvero le rughe, per esprimere un sentimento. La battuta ce l’hai dentro; è il corpo che la descrive.
Durante la cerimonia di premiazione della Coppa Volpi, Lei era molto emozionata. Cosa ha significato per Lei questo premio?
Si, è stata una fortissima emozione. Questo riconoscimento ha comportato una serie di svolte positive per me ed è stata una grande soddisfazione ma di base non ha comportato alcun cambiamento. Sono sempre stata determinata, sono sempre gli altri a ricordarmi gli anni che ho, continuo a programmare i miei impegni e per fortuna saranno davvero tanti.
Tra gli altri, mi piace ricordare che il 28 ottobre, Carlo (Alighiero) sarà al Teatro Manzoni di Roma (di cui siamo soci per un terzo) per un nuovo spettacolo intitolato “Un’incantevole serata” con Rita Forte, Marcello Cirillo e tantissimi altri artisti. Per quanto riguarda me, invece, viaggerò moltissimo all’estero: Corea del Sud, Tokio e Zagabria sono solo alcuni dei Paesi in cui andrò, per partecipare ai Festival dove presentiamo, in concorso, “Via Castellana Bandiera”.
Carlo Alighiero è, praticamente da sempre, il Suo compagno di vita…
Tra noi c’è un fortissimo rapporto di fiducia ed è una cosa non molto diffusa. Carlo sa di potersi fidare di me e io di lui e questo ci dà una grande tranquillità. Lui mi vuole davvero bene e tra noi c’è collaborazione in tutto.
Se potesse dare un consiglio a un giovane aspirante attore, cosa gli direbbe?
Il nostro mestiere è una forma di artigianato, per cui, come sempre accade per gli artigiani, è fondamentale imparare il mestiere. Mi stupisco sempre della grande manualità del ciabattino, ma poi mi rendo conto che è frutto di un percorso fatto di apprendimento e di esperienza. Ecco, noi siamo artigiani del teatro: mente, corpo, voce, mimica e piedi esprimono qualcosa e rispondono al nostro sentire. Ho citato i piedi perché non si può pensare di poter recitare una battuta restando fermi impalati. Mi sento di dire che alcuni si affacciano a questo mondo con eccessiva sicurezza, invece sarebbe necessaria la consapevolezza di dover imparare con umiltà. C’è sempre da imparare, sempre e comunque; io ne sono consapevole e sono molto felice di questo.
Raffaella Sbrescia