Lorenzo Materazzo è un pianista musicista e musicologo originario di Teramo. “Nowhere” è il titolo del suo primo album da solista. Pubblicato lo scorso 12 novembre, il disco racchiude le composizioni di una persona versatile, creativa ed eclettica. Perfezionatosi al Mozarteum di Salisburgo, all’Accademia Chigiana di Siena e alla Royal Academy di Londra, componendo anche musiche originali per la XV Quadriennale di Roma, con il progetto di musica elettronica “Ex.Wave” (di cui faceva parte insieme al violista Luca d’Alberto), Lorenzo Materazzo ha anche aperto i concerti italiani dei Deep Purple e un live di George Michael. In quest’intervista, Lorenzo racconta il suo percorso artistico e professionale con un occhio di riguardo alla difficile condizione dello stato della musica in Italia per provare a smuovere e a spronare la coscienza collettiva.
Lorenzo, sei pianista e musicologo. Qual è stato il tuo percorso formativo e professionale?
Ho iniziato da autodidatta fin da piccolissimo, poi mi sono iscritto al Conservatorio e da lì sono iniziati i miei studi classici per il Diploma. In seguito ho studiato all’Accademia Internazionale di Salisburgo, alla Royal Academy di Londra e queste esperienze mi hanno aiutato molto a livello formativo. Oltre alla musica classica, nutro un forte interesse per altri tipi di musica, soprattutto quella elettronica. Con il passaggio dalla musica classica a quella elettronica c’è stata una svolta nel mio percorso che, dopo il progetto Ex- Wave, si è nuovamente evoluto verso qualcosa di nuovo.
Cosa racconta “Nowhere”, il tuo primo disco da solista?
In questo lavoro ho lasciato confluire tanto materiale scritto in passato, il disco è frutto di tanti anni di lavoro per cui posso affermare che qui dentro c’è tutta la mia vita. Il titolo del disco è emblematico “Nowhere”, in nessun luogo: non c’è voglia di omologarsi, non è un disco radiofonico, non è un lavoro che nasce per il live, l’ho pensato, scritto, arrangiato, suonato completamente da solo e non saprei come suonarlo dal vivo; il mio pensiero, va piuttosto, alla cinematografia: molti registi stanno ascoltando l’album in questi giorni e mi piacerebbe che uno di questi trovasse, nei miei brani, la possibile resa musicale delle immagini.
Sei giunto alla fusione tra musica classica ed elettronica?
Il mio non è un genere definibile. Mi piacciono ambedue le cose. Nel mio album alcuni brani hanno un’impostazione piuttosto che un’altra. Quindi non si tratta di una vera e propria fusione.
Qual è il feedback del pubblico nei confronti della tua musica?
Quando ho scritto i brani per questo album non ho pensato ad un pubblico, mi sono concentrato su quello che mi piaceva e che so fare meglio, tuttavia ho ricevuto un ottimo riscontro grazie all’accostamento tra classico e moderno, anche i miei studenti l’hanno molto apprezzato, chiedendomi di suonare qualche brano e questo mi ha sorpreso molto.
A cosa ti ispiri per creare e in cosa consiste il tuo metodo di composizione?
Ogni brano nasce da suggestioni eterogenee: “Eli”, ad esempio, nasce dal nome di mia figlia Elisabetta, “Le vent printanier”, invece, si ispira ad un fatto di cronaca, o ancora, “How to destroy the world” è il frutto alcune prove con suoni strani mentre sullo schermo, in tv, scorrevano le drammatiche immagini del 2001. Poi ci sono 3-4 brani che non avrei titolato e, infine, “Life is a fiction”, un brano che avevo composto in occasione della mia partecipazione ad un concorso per la colonna sonora di una fiction televisiva.
Quanto influisce il tuo background culturale sulla tua musica?
Non credo che la provenienza geografica di un artista possa realmente influire sulle proprie composizioni, o almeno, non nel mio caso. Faccio una vita molto movimentata, leggo molti libri, vedo tanti film per cui mi lascio ispirare da tantissime cose.
Quali sono i tuoi prossimi impegni e progetti?
Oltre che essere un pianista, insegno: ho uno studio pianistico che si sta ingrandendo molto e sogno di trasformarlo in un Accademia di Alto Perfezionamento. Qui, a Teramo, c’è del terreno fertile per lo sviluppo del senso musicale ed artistico a grandi livelli ed io vorrei creare un nuovo punto di riferimento per il centro Italia. Un’altra materia che insegno è l’ informatica musicale presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione di Teramo, tengo anche dei workshop e ho intenzione di scrivere un disco insieme ai miei studenti per farli realmente appassionare alla musica. Il problema reale è che ci preoccupiamo di noi, della nostra generazione ma il futuro è dei più piccoli. Ecco perché mi sento in dovere di fare qualcosa affinchè si trovi un modo per trasmettere davvero la conoscenza e la passione per la musica sin dalla più tenera età. All’estero, in Germania, ad esempio, tutte le sere danno qualche evento musicale in tv, qui, in Italia, i grandi concerti in televisione ci sono solo a Capodanno e Pasqua ed è un fatto imbarazzante. Nel 1700 tutti suonavano in Europa, oggi, invece, i giovani non hanno nessuna abilità per cui la mia missione principale è insegnare ai ragazzi per il resto ho già dei nuovi brani in mente, vorrei continuare a sperimentare, forse realizzerò un disco cantato, magari con delle collaborazioni, ma di certo cercherò di avvicinarmi al pubblico sempre a modo mio.
Raffaella Sbrescia