Pippo Franco certo non ha bisogno di grandi presentazioni: è un volto noto della televisione e del teatro italiano. In questo periodo è in scena con lo spettacolo “Il segreto di Mastro Titta”. Lo abbiamo incontrato per saperne di più.
Cominciamo dall’attualità teatrale. La stagione passata “Il Marchese del Grillo”, quest’anno “Il segreto di Mastro Titta”. Come mai questo filone storico?
Sono legato a questa visione e non è ancora finita, penso che l’anno prossimo ce ne sarà un terzo! In questa visione della Roma dell’Ottocento si possono raccontare, nello stesso periodo storico, diverse storie e il Marchese del Grillo era appunto una di queste ed… è durato sei anni, in verità! Mastro Titta è conseguenza di questa scelta perché è un personaggio realmente esistito contrariamente ad altri come Rugantino, forse Gaetanaccio, ed è un personaggio particolarmente emblematico perché è il confine tra vita e morte, ovviamente trattato in chiave ironica. Insomma, la Roma di ieri per leggere la Roma di oggi e per capire meglio quali sono le istanze interiori dell’uomo, come dovrebbe vivere, quali sono i pensieri più corretti quando la vita diventa così estrema.
Questo concetto mi dà lo spunto per la seconda domanda. In questo tipo di spettacoli si rappresenta, in qualche modo, un determinato tipo di romanità. Cosa rimane oggi di quel modo di essere, è totalmente sparito o se ne trova qualche traccia?
E` totalmente sparito nel senso che è cambiato completamente. Forse oggi il romano conserva qualcosa di quel modo di fare, di essere… sostanzialmente il considerare “burino” chi non è romano. Questo forse, un pochino, è rimasto. Far parte di un certo lessico, di un certo modo di comportarsi… ma il romano di ieri non ha nulla a che vedere col romano di oggi. E’ cambiato il dialetto, sono cambiati i modi di dire. E’ rimasta la propensione alla battuta tagliente, all’ironia sì, quello è rimasto. Noi cerchiamo di raccogliere tutte e due le epoche.
Pippo, il Suo successo non ha avuto confini, da Nord a Sud. C’è un segreto in questo?
Mah, non lo so. Probabilmente una faccia vincente, nel senso che la mia è una faccia che la vedi una volta e non te la dimentichi. Poi ho avuto sempre tante cose da dire, ho cavalcato tutte le epoche nel modo migliore, almeno dal mio punto di vista. Sono nato come cantautore, poi nel cabaret, il cinema, la televisione, il teatro, ho scritto dei libri, ho fatto tante di quelle cose… che ancora non sono finite! Quindi penso che il motivo sia la proposta, essere riuscito sempre a esprimere quel che avevo dentro. Evidentemente questo era interessante, sia per me sia per gli altri.
Facciamo un salto all’indietro. La cosiddetta commedia sexy all’italiana ha segnato in qualche modo una parte di storia di quel tipo di cinema. Come mai tutto quel successo? Che Italia era, dal punto di vista di un comico?
Era un’Italia che abbiamo rappresentato, secondo me, molto degnamente. Nel senso che era l’Italia che anticipava tutto quello che sarebbe successo poi. Nella commedia sexy, come diceva lei, siamo stati tra i primi a rappresentare tutta quell’esplosione di sovraesposizione di tutto, non solo dei corpi. Penso che storicamente abbia un valore tutto suo. Era un’Italia ancora molto tenera. Ma nella mia vita non c’è soltanto quello, ho fatto tre film con Gigi Magni, ho lavorato con Billy Wilder, Jack Lemmon…ci sono tante realtà.
Rispetto a quegli anni, oggi è più difficile far ridere?
Le opportunità che si offrono oggi sono molte, quelle di una volta erano forse un po’ più limitate, nel senso che la vita aveva ancora una morale. Non erano limitati i personaggi ai quali ci si poteva riferire. Però oggi la vita è molto più ricca di spunti, perché le cose accadono con una velocità sorprendente. Basta stare dietro alla realtà di tutti i giorni, e noi questo facciamo, che ci si ritrova ad interpretare il nostro tempo. No, non è più difficile.
Che importanza ha avuto, nella Sua carriera, l’esperienza del Bagaglino?
Un’importanza determinante. Io già facevo cabaret in un locale di Milano, il celebre Derby, però il Bagaglino è stato l’identità con il quale sono riuscito ad esprimermi. Era una cantina, allora, molto frequentata e noi eravamo molto originali nella proposta. Ventitré anni di programma… e siamo stati i primi a portare il cabaret in televisione. Quindi, ha avuto una grandissima importanza!
Rispetto alle critiche che ricevette, in merito alla satira che facevate, definita accondiscendente verso i potenti di turno, vuol dire qualcosa?
Le critiche non mi interessano, solitamente non rispondo, ma stavolta posso dire che era una visione molto parziale. Noi abbiamo preso in giro tutti, a partire da Berlusconi. Siamo stati i primi a farne satira, con le imitazioni, quindi le rispondo che è una cosa non vera.
Cambiamo argomento. Lei ha scritto anche dei libri molto interessanti su argomenti molto profondi, di cui forse non tutti sono a conoscenza. “Pensieri per vivere” (edizioni Mediterranee – 2001) e “La morte non esiste. La mia vita oltre i confini della vita” (Piemme – 2012). La spiritualità è molto sentita nella Sua vita.
E’ una mia ottica sull’esistenza, non soltanto mia ma di più un miliardo di persone, credo, che sanno che la vita e soprattutto la vita di un artista è condizionata, indirizzata ed illuminata dalla presenza dello Spirito, senza il quale non si arriva da nessuna parte e senza il quale non facciamo nulla di buono. Anche l’ironia, secondo me, viene dallo Spirito.
Ci sono tanti programmi televisivi che lanciano nuovi comici. Mi vengono in mente Zelig, Made in Sud, S.C.Q.R. Vede qualcuno, tra questi, che possa ripetere almeno in parte, la Sua carriera? E come si fa a resistere nei decenni come ha fatto Lei?
Francamente (ride ndr), per la resistenza non saprei che dire! Vedo tanti giovani bravi, pieni di idee, vedo molta qualità. Quello che ci differenzia da loro è che noi proveniamo da un passato di difficoltà, di fame, quindi di sofferenza. Senza la conoscenza del dolore, l’ironia ha una forza diversa. Oggi è il mondo che è diventato più superficiale, ma questo nulla toglie alla bravura di tutti gli artisti che vedo.
L’ultima domanda è quella che faccio sempre a tutti. Dopo il suo straordinario percorso, c’è ancora un sogno alto nel suo cuore, anche qualcosa di apparentemente impossibile? Spari alto, altrimenti non vale!
Sparo talmente alto che le dico che per me quello che conta è l’esistenza! Si può capire l’esistenza e apprezzarla facendo qualunque cosa. Bisogna raggiungere una consapevolezza della grandezza e della ricchezza interiore che si accumula con gli anni. Io vivo di questo, per cui se faccio una cosa piuttosto che un’altra, per me è la stessa cosa. Il sogno è pienamente realizzato e continua a esserlo, perché credo di aver capito. Vivo la vita vivendola e capendone ogni aspetto. Soprattutto quelli infiniti… e più di questo non credo si possa andare oltre!
La ringrazio per il tempo dedicatoci prima di andare in scena, è stato un bell’incontro.
Grazie a voi. Un saluto a tutti i lettori.
Paolo Leone