Martin Scorsese in Killers of the flower moon mescola più generi e sottogeneri cinematografici e gira così un film mastodontico, forse tra i più cerebrali del cineasta italo-americano. La pellicola sembra un gangster movie, con leggerissime sfumature del giornalismo d’inchiesta e le tonalità del western. Certo non ci sono i cowboy, i cappelli da sceriffo compaiono soprattutto verso il finale, eppure l’atmosfera del profondo west c’è tutta, con le pistole e i nativi, con alcune panoramiche che evidenziano quanto il paesaggio sia ampio così come le prospettive di gran parte dei suoi abitanti.
Killers of the flower moon: recensione
Killers of the flower moon entra nei sobborghi oscuri di un’America che sta cercando di far pace con le sue ombre. Attraverso la Letteratura, le serie tv e il Cinema, l’indiano oggi non è più il nemico da sconfiggere, come nei western degli anni Trenta e Quaranta, è piuttosto una presenza che chiede giustizia come già si evince un po’ nel poetico Balla coi lupi.
Trama del film
Scorsese, avvalendosi di due grandi attori quali Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, ripercorre una vicenda realmente accaduta. Siamo negli anni Venti, nella nazione Osage, nell’Oklahoma, dove risiedono gli Osage appunto, una tribù di nativi americani di lingua Siouan che si è arricchita grazie a enormi giacimenti di petrolio.
William K. Hale (Robert De Niro) è un latifondista che mira a impadronirsi delle terre degli Osage per ottenere i diritti petroliferi; lo fa con un atteggiamento piuttosto ambiguo e, spacciandoci per paladino nonché amico dei nativi, spinge i suoi parenti e scagnozzi bianchi ad ammazzare gli uomini indiani o a sposare le ricche possidenti osage per poi avvelenarle e farle così morire di una morte lenta e molto sofferta che i due medici corrotti definiscono deperimento organico.
Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) è veterano di guerra nonché nipote di Hale. Quando torna dall’Europa, conosce Molly (Lily Gladstone), una nativa molto ricca, che Ernest incontra causalmente in città e che poi, spinto ma non troppo dallo zio, sposa. Lievemente imbruttito, Leonardo DiCaprio è in questo film un uomo molto malleabile e influenzabile, poco scaltro, non particolarmente astuto, che subisce l’ascendente del personaggio di Robert De Niro.
Ovviamente ha una personalità diversa da quella di Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street. Lo dimostra la prima soggettiva dove il campo si restringe. La macchina da presa ci fa osservare le cose con gli occhi di Ernest che lungo il tragitto, che conduce alla casa dello zio, guarda la strada che è stretta e accidentata. L’immagine indica che la visuale e dunque la visione di Ernest è ridotta. Non è certo una persona lungimirante come capiremo in seguito.
Tre ore che passano senza noia
A distanza di quattro anni da The Irishman (2019), Scorsese torna sullo schermo, dunque, con un film di oltre tre ore che non annoia mai. Ancora una volta il regista trae spunto da un libro. Il soggetto di Killers of the flower moon è infatti il saggio Gli assassini della terra rossa, nel quale il giornalista David Grann scrive anche della nascita dell’FBI. Nel cast, tra gli altri, ci sono pure Brendan Fraser e Jessie Plemons. Maria Ianniciello