Guardando L’ultimo sciamano, docufilm in onda su Sky, mi sono ricordata di un confronto, molto costruttivo per la verità, avvenuto tempo fa. «Maria, questo è il secolo della Mente!», mi disse un caro amico. Ho riflettuto molto sulle sue parole e, infatti, girando per gli scaffali delle librerie e osservando cosa propone il Cinema, soprattutto indipendente, mi sono accorta che aveva ragione. L’Uomo occidentale, dopo essere approdato sulla Luna nel XX secolo, ha deciso di introiettare la propria curiosità e il suo inguaribile istinto primordiale della scoperta, portando l’attenzione non solo sull’esterno ma anche sull’interno. E se una giornalista scientifica affermata, come Jo Marchant, si occupa della Mente in un affasciante libro inchiesta, allora il dato è tratto: si è aperta una nuova era, sebbene la Neuroscienza ammetta di conoscere ancora poco del cervello. Rita Levi Montalcini paragonava i neuroni a delle piccole galassie, e se il nostro cervello fosse veramente specchio dell’Universo? Questo non si può dimostrare, almeno non ancora. Ciò che però è tangibile è l’incapacità della Medicina di curare del tutto patologie anche gravi come la depressione.
Ahimè, è innegabile che gli psicofarmaci creino effetti collaterali devastanti come si evince ne L’ultimo sciamano, andato in onda su Sky Atlantic HD, domenica 24 settembre alle 21.15. Diretta e scritta da Raz Degan, la pellicola è prodotta da Luca Argentero, Lapo Elkann, John Battsek, Francesco Melzi, Ran Mor, Ron Rofe, Andrea Salvati e rientra nel ciclo “Racconti del reale”. L’ultimo sciamano segue i passi di un giovane benestante, James, che soffre di una grave forma di depressione. Figlio di medici e studente di Harvard, il ragazzo – dopo aver tentato di tutto, persino l’elettroshock – non trova soluzione e, quindi, si reca in Amazzonia per provare i rimedi degli sciamani. I benpensanti direbbero che è nell’agiatezza la causa del problema ed in parte è pure vero, perché le grandi aspettative professionali riposte dai genitori e dalla società creano in James un disagio che lo immobilizza, rendendolo sempre più disinteressato alla vita.
In Perù James usa l’Ayahuasca, un potente allucinogeno, le cui proprietà antidepressive sono al centro di alcune ricerche, e si sottopone a tutta una serie di rituali di purificazione, intraprendendo così un percorso di crescita spirituale ed introspettivo affascinante ma anche in alcuni momenti deludente, perché i ciarlatani in Perù sono tanti. Il viaggio di James mi rievoca altri itinerari, sia letterari e sia cinematografici, da Il cammino di Santiago di Paulo Coelho a Wild, film del 2014 con Reese Witherspoon nel ruolo di Cheryl Strayed che, sconvolta dalla morte della madre e intossicata dall’eroina, intraprende un viaggio solitario sulle montagne accidentate degli Usa.
L’ultimo sciamano ha il merito di aver alzato ancora una volta (ma non è mai abbastanza) i riflettori sul grave problema della depressione. Degan ha girato un docu-film con gusto ed eleganza, senza attaccare la Psichiatria ma illustrandone i limiti e senza enfatizzare gli sciamani. Ci fa capire, con uno sguardo lucido e disincantato che il vero viaggio da compiere è dentro noi stessi e che il maestro autentico arriva quando il discepolo è pronto. Da vedere!