‘La scuola cattolica’ non è un film per adolescenti. La recensione

‘La scuola cattolica’ di Stefano Mordini non è un film per adolescenti, almeno non lo è se i minorenni non sono adeguatamente preparati alla visione di questo lungometraggio da personale esperto che aiuti le ragazze e i ragazzi a decodificare e a destrutturare le immagini collocandole nel contesto di riferimento ovvero negli anni Settanta del secolo scorso quando il nostro Paese fu attraversato da una ventata di forte violenza.

Conosciuto come gli ‘Anni di Piombo’, quel periodo della nostra Storia recente non è stato ancora metabolizzato bene dai giovani di allora che oggi sono dei sessantenni. Come potrebbero, quindi, gli adolescenti di oggi comprendere cosa accadde in quella villa del Circeo nel 1975 senza farsi travolgere emotivamente o peggio ancora senza scatenare in loro effetti emulativi? Gli adolescenti non hanno ancora le categorie mentali per approcciarsi a questo tipo di film senza la supervisione di un adulto che sia però preparato.

Questo concetto dovrebbe essere applicato a qualsiasi film, si usa il sistema dei bollini in Tv e non vedo perché tale metodo non possa essere usato anche al Cinema. Sulle piattaforme di streaming, invece, il problema è più complesso e richiede interventi mirati, sicuramente diversi. Si parla, difatti, anche per gli adolescenti, di Media Education, un metodo educativo che mira ad un uso corretto e creativo degli strumenti digitali sin dalla prima infanzia.

In Italia per ‘La scuola cattolica’ il dibattito è molto scadente, perché come spesso accade sui social si tende a polarizzare le idee, ad estremizzarle, a creare uno spartitraffico tra contrari e favorevoli. Invece qualsiasi argomento è ricco di sfumature che dobbiamo allenarci a vedere per andare oltre e cogliere altri aspetti della realtà. Il film è stato vietato ai minorenni e si è subito parlato di censura, forse per una scena in cui si vede un dipinto in cui Cristo viene flagellato. Nella scena in questione un professore commenta il quadro facendo delle riflessioni molto interessanti sul confine tra bene e male che stimolano i ragazzi, anche in modo negativo. Qualcuno ha parlato di blasfemia, io scrivo invece di filosofia e critica d’arte.

Ora, uscendo dalla polemica, che a mio avviso ha solo risvolti politici, e a prescindere dalla motivazione per cui si sono posti dei limiti nella visione del film, non parlerei di censura, perché in Italia, quando si vuole davvero censurare, l’opera viene ostacolata sia sul nascere che nella distribuzione. ‘La scuola cattolica’ è uscito anche nei piccoli cinema di provincia. Quindi il problema a mio avviso non si pone.  

La scuola cattolica: recensione del film

Siamo in una scuola cattolica maschile, in un quartiere residenziale di Roma, dove la disciplina è ferrea e le apparenze contano più dell’essenza. E’ il 1975. I ragazzi sono impigliati in un sistema in cui il volto viene offuscato dalle maschere, le varie sfumature della sessualità sono compresse e depresse a favore di un machismo oltraggioso. Il perbenismo è soffocante sia nella vita privata che pubblica un po’ come accade ne ‘L’attimo fuggente. Infatti i personaggi sono come incastrati in ruoli ben definiti. Ma nelle stanze buie, dove non sono visti, anche gli adulti escono allo scoperto.

I ragazzi invece reagiscono a quel clima di ostracismo con la forza e la ribellione. In questo contesto si verificano i delitti efferati del Circeo avvenuti in una villa tra la notte del 29 e 30 settembre del 1975, quando Andrea Ghira (Giulio Pranno), Angelo Izzo (Luca Vergoni) e Giovanni Guidi (Francesco Cavallo) stuprarono ripetutamente e seviziarono Donatella Colasanti (Benedetta Porcaroli) e Rosaria Lopez (Federica Torchetti), causando la morte di quest’ultima. A raccontare i fatti è Edoardo Albinati (Emanuele Maria Di Stefano), la cui voce narrante si insinua di tanto in tanto come per fare da guida allo spettatore.

Mordini si sofferma però non tanto sulla violenza (le sequenze efferate sono tutte concentrate nell’ultima parte del film) quanto sul contesto che avrebbe generato quelle deviazioni mentali. E di conseguenza tutto il film è un protendersi verso il tragico epilogo.

Non è un film che sensibilizza contro la violenza sulle donne ma è un’opera potente

‘La scuola cattolica’ non è un lungometraggio che sensibilizza sulla violenza sulle donne, almeno non direttamente, è piuttosto una pellicola potente e ben girata che però quei tragici eventi li affronta trasversalmente con uno sguardo molto politicizzato e di parte, accusando l’educazione cattolica che sicuramente ha delle responsabilità. Ma efferati criminali non si diventa per quattro frustate (su questo la Psichiatria deve dare risposte precise) e dunque solo per fatti ambientali e per istinti sessuali soppressi. Certo, il fattore ambientale conta ma non è la causa determinante. Tra le concause ci sarebbero anche motivi biologici e genetici.

Se si voleva dunque fare un film sui fatti del Circeo, per sensibilizzare contro la violenza sulle donne, forse si doveva partire da Donatella che ha speso tutta la vita per ottenere giustizia ed è morta a 45 anni per un tumore al seno. Forse bisognava indugiare sulle ragazze e su come la violenza segni e cambi le loro vite. Si è scelto invece di dare voce ai ragazzi dell’istituto cattolico, partendo dal romanzo di Edoardo Albinati (lo trovate qui ed è edito da Rizzoli).

E lo si è fatto, dal punto di vista stilistico, in maniera integerrima, con una sceneggiatura dal taglio documentaristico, con un cast di alto spessore (ci sono Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Jasmine Trinca) e con un gruppo di giovanissimi attori che è riuscito a dare credibilità a questo film aprendo più spunti di riflessioni sugli stereotipi legati alla mascolinità, sul cameratismo e sull’uso della forza per fini educativi.

La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram

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