“ARTPOP” è il titolo dell’ultima fatica discografica di Stefani Joanne Angelina Germanotta, la conclamata Lady Gaga. Trasformista per eccellenza, la cantante pare aver deluso le aspettative di molti che, abituati alle sue stravaganze musicali e non, si aspettavano una rilevante svolta stilistica.
La verità è che, paradossalmente, oltre il suo strafare, Lady Gaga rende meglio quando si spoglia dei loop, dei synth e delle complicanze elettroniche. “Less is more” per lei è un detto quantomai vero. Quello che sorprende in questo disco è un suo repentino interessamento alle sfumature black della musica, a partire dai prestigiosi featuring come in “Do what you want” fino ad arrivare ai trap beat come quello di “Jewels n’ Drugs”. Lei che in ogni traccia del suo lavoro ha compresso vorticosamente di tutto e di più con repentini cambi di ritmo, ritornelli catchy e voci filtrate è finita col fare un pasticcio di quello che doveva essere un pastiche pop. L’indiscutibile orecchiabilità dei brani diventa un elemento che causa disorientamento, annebbiamento, confusione nella mente dell’ascoltatore. Questo disco è tutto e niente e ciò che rende clamorosa questa disfatta di Lady Gaga è il fatto che essa venga da un’artista che si è sempre mostrata prontissima a mettersi in gioco nel bene e nel male. L’obiettivo di elevare ARTPOP ad opera d’arte contemporanea ha scatenato un’attesa febbrile nei confronti delle 15 tracce che compongono l’album ma, in un’epoca satura di idee, non ci vogliono i loop e nemmeno le urla sguaiate; la vera innovazione sta nella semplicità.
Video: “Applause”