Gli Oonar sono una band “electro –rock” di Latina. Il loro sound è fortemente legato al “synth pop” anni 80 e spazia, con molta libertà, dal rock psichedelico degli anni 60 all’elettronica contemporanea in un crogiuolo onirico fatto di luci ed ombre. Ruggero Poggi (Voce), Claudio Di Ciccio (Sintetizzatori e Programmazioni), Dario Marcobelli (Basso), Alessio Simonetti (Batteria). Il loro Ep, omonimo, su etichetta Music Force, contiene 5 tracce inedite e fa riferimento ai gusti eterogenei dei singoli membri che compongono il gruppo: il punk di “Mission 12” introduce la furia nichilista di “I die for you” addentra la mentre negli oscuri meandri della notte mentre i tratti garage rock di “Running” smorzano i toni, definitivamente alleggeriti da “Asleep” che, in tutto il suo stile British, rappresenta una parentesi di tranquillità prima di rituffarsi a capofitto nell’energia di “Lost”.
Scapigliati, elettronici ed ineffabili gli Oonar puntano ad incuriosire il pubblico. Cultura&Culture li ha incontrati per conoscerli.
Come nascono gli Oonar?
«Gli Oonar nascono da quattro personalità del tutto dissimili ma abili nel saper dare vita ad un sentimento univoco. Si attinge da un qualcosa di molto personale a cui si dà una “forma sonora” quando poi suoniamo insieme. All’inizio è stato difficile imparare a convogliare le nostre “pulsioni” musicali in qualcosa che emozionasse per primi noi stessi».
Cosa contraddistingue la vostra musica?
«La nostra musica, allo stato attuale, è come un bambino che ha appena finito le scuole elementari, visto il tempo che è passato da quando abbiamo pensato di creare le nostre canzoni, molto tempo prima di chiamarci Oonar. Quello che distingue la nostra musica è la medesima visione che si avrebbe di un bambino in procinto di frequentare le scuole medie: cogli i lati salienti della sua personalità, i suoi difetti, le sue paure e la sfacciataggine con cui affronta la vita per la prima volta. La nostra musica viaggia su binari paralleli a quelli della nostra vita, quando suoniamo insieme i binari collimano, non esiste più distinzione».
Quale è il messaggio contenuto nelle tracce del vostro disco e, più in generale, in tutto l’album?
«Esistono vari messaggi contenuti nelle tracce del disco, apparentemente eterogenei: astronauti nello spazio, gente che rincorre “Libertà”, l’eterna dualità tra amore e dolore, la rabbia e l’abbandono. Ma tutto questo ha una cosa in comune: il tempo. Tutti gli eventi descritti o gli stati d’animo avvengono in un intervallo di tempo. Se la nostra musica è il percorso, allora il tempo è il nostro silenzioso compagno di viaggio».
Oonar è un nome che deriva dal repertorio di Pindaro, un poeta greco antico e significa sogno. Davvero è possibile definire “onirico” il vostro sound?
«In “Asleep” un verso dice: “Vuoi cancellare il limite tra il reale e l’immaginazione ? ” L’onirico è in ognuno di noi, molti non lo provano, molti lo abbandonano con il tempo. Crediamo che il nostro sound diventi davvero onirico, quando si riesce ad esserlo».
Alcuni dei vostri brani paiono attingere molto dal mondo dell’elettronica. Quali sono i vostri riferimenti musicali e a chi vi ispirate?
«Come abbiamo detto prima avendo delle personalità molto diverse, abbiamo impiegato del tempo per imparare a collimare le nostre personali preferenze musicali in qualcosa di “nostro” e musicalmente concreto. La musica degli Oonar è un connubio di tantissime sonorità: dal dark, all’heavy metal, al post rock, al fusion, fino alla psichedelia dei gruppi fine anni 60. Quello che abbiamo fatto è riversare tutta questa enorme quantità di influenze in qualcosa di moderno e romanticamente futuristico. Scegliamo di portare il brano sulla sonorità che meglio si adatta ad esso, quindi spaziare dal pop al rock, all’electro. In realtà siamo dei “poppettari” e se un ritornello è sufficientemente orecchiabile…siamo i primi a cantarlo per ore e guai a cambiarlo. Tutto ciò a patto di non scrivere una canzone realmente pop: (vedi struttura, arrangiamento, suoni ecc), siamo cresciuti negli anni 90 non poteva essere altrimenti».
Quali sono state le esperienze musicali che vi hanno segnato ed insegnato di più?
«Tutti noi abbiamo visto almeno una volta i concerti (se non di tutti), della maggior parte dei nostri idoli, e questi ci hanno sicuramente lasciato un segno indelebile. Di solito trasformiamo il viaggio (in occasione di spostamenti per concerti o interviste) in un evento folcloristico: cominciamo con il prenderci in giro, (in maniera assolutamente non silenziosa) facciamo leva sui nostri lati/difetti caratteriali o cominciamo a raccontare qualche aneddoto al punto da far ridere anche molti passeggeri di un intero vagone di un treno. Per quanto riguarda l’aspetto serio della domanda nell’ultimo anno e mezzo abbiamo suonato nei locali più importanti della capitale: Circolo degli Artisti, Hard Rock Cafe,Contestaccio, Stazione Birra, Blackout, Xesse Live ecc».
Con chi vorreste collaborare?
«Brian Eno, per dirne uno…è una domanda troppo difficile, è come chiedere ad un bambino che gelato preferisca».
Vi siete aggiudicati una data live in Europa con Emergenza Rock. Dove andrete e come vi sentite in merito?
«Emergenza Rock è stata una delle esperienze più intense di sempre. Abbiamo imparato anche a conoscerci meglio, concerto dopo concerto abbiamo imparato a mettere a fuoco i nostri difetti ed i nostri pregi, gli aspetti su cui lavorare. Il fatto di aver vinto una data all’estero per noi è il premio migliore che potessimo auspicare di vincere. La data e la location per ora sono top secret, sarà sicuramente in una capitale Europea!. Ad ogni modo il concerto ci consentirà di viaggiare insieme…venite con noi!»
Sulla vostra aggiornatissima fan page di Facebook avete annunciato che vi state apprestando a lavorare ad un nuovo disco. Avete già in mente qualcosa di preciso? Ci sono già dei testi su cui lavorare?
«Dopo circa un anno e mezzo di concerti dall’uscita del disco ci siamo presi una pausa estiva per iniziare le registrazioni del nuovo EP. Il nuovo materiale suona davvero bene e stiamo cercando di dare un’identità ancora più riconoscibile al nostro sound. La vera rivoluzione rispetto al primo disco è che in questo non ci saranno chitarre ma suoneremo nel disco così come lo facciamo dal vivo, ovvero con tastiere, batteria, voce e “bassarra”, il nome dato al “nostro” basso che non ha più certamente il suono di un basso convenzionale ma nemmeno quello di una chitarra, piuttosto di uno strumento ibrido. I brani questa volta toccheranno anche argomenti molto attuali, e non solo sensazioni oniriche».
Se poteste definire ciascuno di voi con 3 aggettivi, quali usereste? Quali invece per la vostra musica?
«Preferiamo darne uno che sia la risultante di tutti i nostri aggettivi. Il risultato di 12 aggettivi da come risultato l’aggettivo della nostra musica: ineffabile». Quali sono i vostri programmi imminenti? «In assoluto la registrazione del disco e la programmazione dei prossimi concerti. Stiamo anche rinnovando il nostro concetto di “Live”, è ancora presto per parlarne ma nel nostro piccolo cerchiamo sempre di ragionare in grande e di portare sempre qualcosa di nuovo ai concerti. Ve ne parleremo in seguito».
Raffaella Sbrescia