Lo spot di Esselunga. Recensione
C’ho messo un po’ per scrivere la recensione dello spot di Esselunga (si intitola La pesca – Una storia di Esselunga, lo trovi in calce all’articolo) perché ho voluto far sedare le polemiche cercando soprattutto di non farmi condizionare dai vari pareri espressi da persone più o meno esperte nell’analisi del linguaggio audiovisivo. Come sempre accade sui social, le opinioni si sono polarizzate: da un lato c’è chi vede nello spot un tentativo di Esselunga di generare sensi di colpa nei genitori separati; dall’altro c’è chi lo considera una semplice pubblicità che smuove le emozioni intenerendo. La realtà è invece molto più complessa di così.
Come si analizza uno spot?
Nell’analisi di una pubblicità vanno fatte considerazioni molto diverse e particolareggiate, togliendo la lente (progressista, moderata o conservatrice che sia, poco importa) con cui osserviamo la realtà. Bisognerebbe poi essere in grado di fare un ulteriore passaggio chiedendo quali emozioni quelle immagini generano in noi e perché. Questi passaggi non sono semplici da effettuare per il nostro cervello che va incontro continuamente a errori cognitivi definiti Bias.
Premettendo che, come sosteneva Umberto Eco, l’oggettività non esiste, si può tuttavia fare uno sforzo cognitivo cercando di cogliere la complessità nelle immagini. In genere, quando osserviamo un prodotto audiovisivo come questo (dove l’arco narrativo è ridotto e la sceneggiatura lascia molto spazio all’immaginazione) accade che proiettiamo ancora di più le nostre idee, convinzioni e soprattutto il nostro vissuto sui personaggi.
Lo spot di Esselunga, l’analisi
Ma veniamo allo spot. Siamo in un supermercato Esselunga. Una donna non trova più una bambina che scopriamo si chiama Emma. La trova al reparto ortofrutticolo con in mano una pesca. “Vuoi una pesca? Va bene prendiamo una pesca ma non devi farlo mai più, ok?”, le dice la donna. La donna e la bambina tornano a casa in auto; lei cerca di creare un contatto comunicativo, parlando della scuola e del disegno che la piccola ha fatto. La bambina però è intenta a guardare fuori dal finestrino. Si vede un uomo, una donna e un bambino (anche qui c’è spazio per la fantasia). Rientrate a casa, le due giocano. La bambina ride ed è felice. Suona il citofono. La donna dice: “Emma, c’è papà”. Poco prima che la piccola esce, le dice: “Io ti chiamo questa sera”. Lei osserva padre e figlia dalla finestra. La macchina da presa si sposta fuori dall’abitazione, nell’auto. Emma prende la pesca e dice: “Questa te la manda la mamma”. “Me la manda la mamma?”, chiede il papà. Lei fa cenno di sì con la testa. E l’uomo risponde: “Mi piacciono le pesche. Allora dopo chiamo la mamma per ringraziarla, ok?” Lo spot si conclude con “Non c’è una spesa che non sia importante”.
Qual è il messaggio dello spot?
Siamo in un supermercato. La bambina non dice mai la parola mamma ma da una serie di situazioni deduciamo che la donna sia la madre di Emma. E lo diamo per scontato. Potrebbe essere la baby sitter? Potrebbe essere la zia? Magari la madre è morta e la bambina vive con una parente perché il padre non può tenerla con sé? E’ improbabile? Solo se ci fossilizziamo su ciò che valutiamo come reale in base a ciò che conosciamo e che continuamente ci viene proposto. Potrebbe essere plausibile. I due non sono separati? Sono in pausa di riflessione? Oppure hanno litigato e lui sta portando la piccola dalla nonna o dai parenti lontani o a fare una gita mentre la madre resta a casa? Per farli riappacificare Emma fa un gesto empatico, semplice, che è tipico di molti bambini?
In realtà si tratta di immagini messe in sequenza. La storia che il nostro cervello elabora parla a Noi e di Noi sia in maniera individuale che collettiva. I personaggi d’altra parte sono abbozzati dato che si tratta di uno spot che lascia libero spazio all’interpretazione. Infatti, se il divorzio non esistesse proprio come possibilità e come concetto, nemmeno nella teoria, probabilmente faremmo altre riflessioni.
Scrive Woo-kyoung Ahn nel libro ‘Ragionare meglio per vivere meglio’ (Aboca – Lo trovi qui) che “è insito nel nostro sistema cognitivo l’abitudine di interpretare fatti e dati in modo da accordarli sempre alle nostre convinzioni tendenziose”, dato che una credenza può riuscire a modulare quello che vediamo o sperimentiamo, solo perché è così che i nostri processi cognitivi funzionano”.
Il motivo delle polemiche?
Perché allora tante polemiche? Per motivi politici innanzitutto. Gli attivisti parlano di un possibile legame tra lo spot di Esselunga e la linea del Governo sulla famiglia che stigmatizzerebbe il divorzio generando sensi di colpa nei genitori. Anche su questo bisognerebbe andarci cauti, portando prove concrete; io mi limito a dire solo che nella maggioranza ci sono persone divorziate, quindi questa teoria mi sembra non stia in piedi. Penso tuttavia che lo spot polarizzi il dibattito perché genera emozioni molto forti che si diversificano in base al vissuto di ciascuno di noi. Da questo punto di vista condivido il parere dello psicoterapeuta Alberto Pellai che sui social scrive: “Io penso che questo spot ci dia fastidio perché ci obbliga a comprendere che quella libertà che giustamente possiamo agire e gestire nella nostra vita ha inevitabilmente delle conseguenze sulle vite di coloro che dipendono da noi. Non c’è separazione di coppia che non porti dolore nella vita di un figlio. Quel dolore lì, ovvero quello dei figli, molti genitori preferirebbero non vederlo. Addirittura non pensarlo”.
Lo psicoterapeuta riporta la sua esperienza sostenendo che accade spesso che i genitori si prefiggano l’obiettivo iniziale di non far soffrire i figli ma, sostiene Pellai, il dolore è inevitabile, l’importante è mantenere alta l’alleanza genitoriale e lavorare in squadra, insegnando ai figli che alcuni dolori della vita non si possono evitare. Però si possono attraversare, elaborare e superare, perché – continua lo psicoterapeuta nel post – anche nelle migliori delle separazioni i figli fanno vivere ai genitori attimi di tempesta.
Perché lo spot di Esselunga ci turba
Le immagini dello spot di Esselunga ci travolgono proprio perché parlano di noi e del livello della nostra intelligenza emotiva. Sappiamo che qualsiasi separazione (per i bambini anche lasciare il pannolino o cambiare scuola o non vedere più un caro amico potrebbe essere doloroso) genera un cambiamento che potrebbe scuotere le nostre fondamenta mettendoci a nudo, ovvero faccia a faccia con emozioni molto discordanti: la tristezza per esempio o la paura dell’abbandono che è tipica dei bambini. Il condizionale è qui d’obbligo.
Non siamo tutti uguali. Ogni storia è un caso a sé e la nostra naturale tendenza alla generalizzazione è un meccanismo non trascurabile. Io consiglio solo di guardare lo spot cercando di dare più versioni possibili alle immagini riprodotte magari mettendo da parte il tema del divorzio. Usiamo la fantasia. E poi chiediamoci: cosa provo guardando questo spot? Maria Ianniciello