Lo Stadio Olimpico di Roma si trasforma in un pianeta rock in occasione del concerto dei Muse. Frutto delle frequenti fantasie apocalittiche di Matthew Bellamy, l’imponente scenografia composta da 6 ciminieri, gigantesche lingue di fuoco ed esplosioni, è stata lo sfondo perfetto di un evento memorabile, interamente filmato, forse per la realizzazione di un dvd. Al centro dello show, come sempre la musica che ha reso incontenibile l’entusiasmo dei 60mila presenti all’evento. Distorsioni, luci, laser ed effetti esplosivi annunciano l’attacco della band sulle note di Supremacy poi lo stadio diventa dancefloor con l’elettrofunk di Panic Station. Con Plug in Baby ballano anche i potenti: sugli schermi, in divertenti versioni caricaturali di cartoni animati, Obama, Cameron, Merkel, Putin e Papa Francesco calcolano le loro coreografie pestando il globo. Map of the Problematique e Resistance tengono il ritmo senza dimenticare temi scottanti come la geopolitica, le cospirazioni e il controllo della mente. Su Animals un banchiere in crisi viene risucchiato da una botola mentre migliaia di banconote della Zecca Muse vengono sparate a raffica inondando il prato. Un emozionante omaggio a Morricone con L’uomo con l’armonica prepara l’imponente cavalcata di Knights of Cydonia. Poi Dominic Howard alla batteria e Chris Wolstenholme al basso si concedono la cover strumentale Dracula Mountain, mentre Bellamy al pianoforte regala Explorers, rinunciando a Sunburn. Il concerto dei Muse è un viaggio tra prog, rock , musica classica, pop, elettrofunky. Salti mortali tra emozionanti ballate e travolgenti jam strumentali infiammano il pubblico. L’animo si agita sulle note di Hysteria, poi l’atmosfera si fa sinuosa con la cover Feeling Good dove una sensuale broker muore ingozzata di benzina. Si torna a “The 2nd Law” con l’ode alla paternità Follow me (lo dice in italiano Matt: «Questa canzone è per mio figlio»). Poi Liquid State e Madness a ipnotizzare il pubblico. L’intro di House Of The Rising Sun degli Animals è l’introduzione ad hoc per Time Is Running Out, poi Stockholm Syndrome e la ballatona Unintended illuminano lo stadio di luci e sorrisi.
Guiding light e Matthew Bellamy, steso al suolo, sulle note di Blackout accompagnano una ballerina che piroetta in aria, sorretta da un’enorme lampadina volante ma i colpi di scena non finiscono qui: subito dopo la travolgente Undisclosed Desires entra in scena il robot Charles mimando un frenetico scontro uomini contro macchine sulle note di Unsustainable. Supermassive Black Hole, Isolated System e l’irresistibile Uprising lasciano, infine, la scena alla poesia di Starlight. Nel loro super pianeta, i Muse hanno ripercorso 30 anni di musica, a modo loro, da extraterrestri, convincendoci che dopo questo indiscutibile trionfo non possa esserci di più ma non è dato sapere cosa potranno inventarsi in futuro.
Raffaella Sbrescia