A tre anni da “Arrivederci Mostro!” Luciano Ligabue ha presentato, questa mattina, nel corso di una conferenza stampa a Milano, il decimo album di inediti intitolato “Mondovisione” prodotto da Luciano Luisi e disponibile a partire da martedì 26 novembre. Con l’ascolto in anteprima di“Mondovisione” è subito emersa l’idea che il disco rappresenti un serbatoio musicale in cui Luciano Ligabue ha lasciato confluire le proiezioni di quello che è oggi il mondo,; un viaggio contemporaneo, dal sound classico, in cui verità e schiettezza sono le parole chiave: «Avevo bisogno di fare un disco in cui fossi presente e che rispecchiasse il suono del mio gruppo attuale – racconta Ligabue – quando si ha a disposizione tanta tecnologia è difficile non strafare. Abbiamo cercato di controllare questo aspetto, curando il suono per essere più diretti infatti la produzione di questo disco è stata la più lunga, richiedendo più di un anno di lavoro».
Ad aprire il disco è il “Muro del Suono”: un mix di synth e chitarre introduce un testo che non la manda a dire: “Sotto i colpi di spugna di una democrazia c’è chi visse sperando e chi disperando” e, ancora, “il cerino sfregato dal buio fa più luce di quanto crediamo”,“Chi doveva pagare non ha mai pagato”: «Il fatto che chi doveva pagare non ha mai pagato è sotto gli occhi di tutti. Il muro del suono è un muro che non solo si può, si deve rompere, il verbo potere deve essere sostituito dal verbo dovere – afferma Ligabue – stiamo seppellendo la vita sotto quintali di chiacchiericcio e di cose inutili. La velocità con cui ci muoviamo non è compatibile con i sentimenti umani. In un’epoca in cui distogliamo l’attenzione da una notizia appena 5 minuti dopo che l’abbiamo ricevuta, ancora mi stupisco nel vedere come migliaia di persone mandano a memoria intere canzoni».
Segue “Siamo chi siamo”: le rughe sono i tentativi non fatti”, “le certezze dello specchio sono quelle da cui non si scappa”: «Il brano nasce in risposta al fatto che continuiamo a farci domande e cerca di dare una risposta leggera a una domanda che leggera non è”. “Il volume delle tue bugie”parla degli effetti della disillusione e di un tentativo di allontanamento dagli affetti e dal mondo: elementi dance e sonorità folk congiungono classico e moderno. “La neve se ne frega” è una sequenza di emozioni per immagini: due esseri umani sono uno di fronte all’altra per parlare davvero, baciarsi davvero, sentirsi davvero: il brano esprime l’urgenza di un’affannosa ricerca di autenticità. Giunge poi la voltea de “Il sale della terra”, il primo singolo tratto dall’album, in cui viene descritta tutta una carrellata di personaggi e situazioni negative: «Il potere logora non solo chi non ce l’ha ma anche, e soprattutto, chi ha paura di perderlo. La canzone non parla di tutti gli italiani, ma di una serie di persone che hanno fatto la loro sfilata in ogni ambiente di potere negli ultimi 20 anni sotto i nostri occhi». La parentesi strumentale, intitolata “Capo Spartivento” è un omaggio ad un luogo che ha ispirato tutta una serie di idee e folgorazioni artistiche ma rappresenta anche un momento di respiro, di transizione tra il do minore del brano ed il do maggiore di “ Tu sei lei”, il brano che dal prossimo 25 novembre sarà il nuovo singolo in rotazione radiofonica e che rappresenta una dichiarazione d’amore di tipo definitivo: “E mi hai salvato tante volte da qualche tipo di altra morte andando dritta sulla verità e mi regali un altro giorno”.
La leggerezza come sinonimo di vitalità è il tema di “Nati per vivere” (Adesso e qui): tutto è ritmico, tutto è solare, tutto è in movimento, tratti surf e garage rock invadono le parole di un brano che intende sfatare il mito del rock dannato e nichilista: «Sono 23 anni che fatico nel cercare di dire che uso un genere musicale che rappresenta la celebrazione della vita, con nessun vincolo all’autodistruzione, il mio è un gioco-risposta al nichilismo troppo facile». Forti emozioni, anche negative, in “La terra trema, amore mio”: il brano che tocca i nervi ancora scoperti di un momento tragico destinato a smuovere animi e coscienze ancora a lungo. Un approccio figurativo, un dolente arpeggio e il tempo scandito da una cassa elettronica fanno il resto: «Mi piaceva che il protagonista avesse qualcosa da afferrare, in questo caso è la sua compagna». “Tu guarda nei miei occhi e trovaci un domani e appena avrai finito, prova a raccontarmelo se puoi”. Tra la ritmica della cassa in quattro di “Per sempre” e l’arpeggio di chitarra semiacustica di “Ciò che rimane di noi” ciò che emerge è ancora una volta una grande sensibilità, “dopo il giro nell’abisso non sei più lo stesso”: «Sono spesso etichettato come un artista riservato, racconta Ligabue, eppure attraverso le mie canzoni ho raccontato tantissimo di me: i miei lutti, i miei affetti, le mie separazioni. Mi sono spolpato». “Il suono, il brutto e il cattivo” è l’altro brano strumentale che riprende la chitarra western de “Il muro del suono” mentre la vera carica esplosiva è sparata a palla in “Con la scusa del rock ‘n’ roll”: «Il rock è cambiato, io lo vivo come un modo per raccontare i sentimenti ma se invece lo si intende legato a doppio filo con la chitarra metal, allora non faccio rock. Ultimamente sono preso da Spotify, attraverso cui scopro cose che conoscevo poco. Ascolto spesso progressive rock e ho sempre più la sensazione che musica non abbia steccati: tra blues, rock, soul le cose si mescolano sempre più tra loro. Anch’ io, per esempio, in “Per sempre” ho usato per la prima volta nella mia produzione una batteria che fa un tempo r&b». A proposito del rap e dell’hip hop Luciano ha affermato: «In questo momento i rapper sono in qualche modo gli eredi dei cantautori, ma hanno un’altra funzione. I cantautori stavano molto attenti alle parole e poco alla musica. I rapper con la parola annullano la melodia, la parola deve avere ancora più senso, ma sono colpito dal modo in cui alcuni di loro raccontano il paese con il loro linguaggio”. A chiudere l’album è un brano il cui titolo rappresenta un ossimoro che poi ossimoro non è : «Sono sempre i sogni a dar forma al mondo”: «La nostra idea di realtà passa attraverso il nostro modo di vederla e quindi anche attraverso il nostro modo di sognarla. Se siamo a questo punto della civiltà lo dobbiamo ai sogni. Credo nella bontà del sognare». Un’eterea dissolvenza chiude il brano ed un album tutto da ascoltare e condividere: «Ho dato voce ad uno sfinimento globale, spiega Ligabue, ho sempre cercato di essere vago e di stare lontano dalla cronaca, che invecchia subito la canzone, ma stavolta proprio non ce l’ho fatta»
Raffaella Sbrescia