Un’analisi delle migliori serie tv americane che trattano i giochi della politica e del potere.
“La politica è un atto fra postulanti”. Così scriveva Ken Follett ne I Pilastri della Terra, il celebre romanzo storico che, nella sua interezza, rappresenta le fondamenta del mondo come oggi lo conosciamo. La politica dunque è il motore della nostra società, una scienza astratta e per nulla concreta che prende vita fra gli uomini più influenti del Paese e che, solitamente, dovrebbe essere atta a salvaguardare la salute del singolo cittadino. Invece è un mondo di patti scellerati, scelte sbagliate, diatribe e scontri verbali che purtroppo ricadono su noi stessi. Che sia la Casa Bianca o il Kremlino, i sotterfugi politici hanno animato non solo romanzi e rappresentazioni cinematografiche, ma da qualche anno a questa parte, sono diventati la vera costante delle serie tv. House of Cards, Scandal, Veep e prima di loro West Wing – tutti gli uomini del Presidente, sono solo alcuni tra le migliori serie tv americane che hanno fatto della politica e degli uomini di potere, il punto di partenza per illustrare l’impatto che la politica, appunto, ha all’interno della nostra società. Queste serie tv anche se sono romanzate secondo i dettami di un racconto a episodi, rappresentano comunque la cultura, i vizi e le virtù di un mondo alla deriva. House of Cards per esempio, tuttora in onda in Italia su SKY Atlantic e prodotto di punta della piattaforma americana di Netflix, rappresenta a pieno titolo il lato oscuro e perverso della Casa Bianca. Frank Underwood (interpretato da Kevin Spacey) guidato da un delirio di onnipotenza, muove i fili di una “rivolta”che colpisce le alte cariche alte cariche dello Stato. Romanzata con appeal e intelligenza, la serie è speculare alla realtà i fatti, illustra la grande potenza americana che si sgretola di fronte alla libido, all’odore dei soldi e alla fama di potere. House of Cards liberamente ispirata a una serie di romanzi scritti da Michael Dobbs, rimane uno dei prodotti più veritieri e appassionanti che l’universo seriale ha sviluppato negli ultimi anni. Diversamente da House of Cards, Scandal rappresenta il lato pop e meno intimistico della politica americana. Sviluppato da Shonda Rhimes e trasmesso in America su ABC, all’ombra della Casa Bianca un amore clandestino fra il presidente degli Stati Uniti e il capo della Pubbliche Relazioni, mette in moto intrighi, sotterfugi e scatenando un terremoto istituzionale che scuote l’opinione pubblica dell’America stessa. In Kerry Washington la serie tv ha trovato la sua iconica protagonista; lei è una donne forte, carismatica, dall’oscuro passato che antepone i suoi bisogni a quelli di un Paese guidato da un uomo troppo sentimentale e che ragione con il cuore e non con la mente. La politica in Scandal è solo il punto di partenza per raccontare la situazione di insicurezza in cui annaspano gli americani, perché alle sue spalle la tematica soap prende il sopravvento; la serie però è un vero fenomeno che, a 4 anni dal debutto, non si appresta a fermare la sua corsa. Con un’aurea sarcastica e grottesca, Veep la comedy della HBO, si fa portavoce della routine politica del vice presidente. Battute al fulmicotone e temi d’interesse comune hanno reso Veep la serie più vagamente realistica della tv. In bilico fra falso documentario e una comedy in puro stile anni ’90, lo show è brillante, sagace, fa ridere con gusto e grazie a queste caratteriste veicola l’essenza stessa della situazione politica mondiale. Il mix di commedia e satira sociale hanno reso lo show un piccolo cult. Altri esempi si ritrovano in West Wing, serie devoluta da Aaron Sorkin, nell’incompresa Una Donna alla Casa Bianca con Geena Davis e nello stesso The Newsroom. Politica e serie tv è quindi un dualismo di grande importanza, perché forse solo grazie al grande bagaglio culturale dell’arte televisiva, temi di così immenso valore, possono scuotere le coscienze. Il dualismo rappresenta un percorso formativo, un’evoluzione per le serie tv che da semplice prodotto di intrattenimento per la massa, diventa un qualcosa per creare un dibattito e per illustrare la realtà dei fatti; grazie a queste figure di pura immaginazione, che esse siano un Frank Underwwod o una Olivia Pope, la politica diventa una “scienza” fruibili a tutti, non solo all’aristocratico erudito barricato nel suo loft, ma anche alla gente comune che, con un linguaggio deciso, può comprendere gli intrighi, le leggi e i paroloni di dubbia provenienza. Si sa che la politica è fatta di semplici accordi tra le fazioni, ma se per una volta la finzione televisiva rappresentasse anche la cruda realtà, forse il singolo potrebbe avere un’esistenza più pacata e decisamente più spensierata.
Carlo Lanna