In No Time To Die vedrete un James Bond come non lo avete mai visto, con un finale al cardiopalma incredibile quanto commovente.
No Time To Die: recensione
I tempi sono proprio cambiati e anche un duro, come il personaggio di Daniel Craig, deve potersi ammorbidire senza perdere fascino, appeal, mascolinità ed eleganza. Il film targato Cary Fukunaga è spettacolare, il ritmo è rapido, sferzante, conciso. L’azione c’è. La violenza poca. Ma, rispetto alle pellicole di Sam Mendes, questo è un film più personale, dove la mission non è rilevante né essenziale. C’è qualcosa da salvare ma non si capisce bene cosa e la vita privata del celebre agente diventa prioritaria.
Bond vorrebbe dare un taglio col passato (questo è un leitmotiv costante in alcuni film di spionaggio, pensate a Jason Bourne per esempio…) e quindi si rifugia in Giamaica dove conduce una vita tranquilla e appartata. Prima, però, dei titoli, nel prologo la macchina da presa ci ha condotti a Matera dove James se la spassa con l’amata Madeleine Swann (Léa Seydoux).
La felicità dura poco, anche e soprattutto per gli eroi. Infatti, dopo essere stato braccato dagli assassini di Spectre, l’agente lascia l’amata perché la ritiene parte dell’organizzazione e quindi inaffidabile. Col cuore a pezzi (quasi) lo ritroviamo in Giamaica ignaro che il mondo continui ad aver bisogno di lui.
La Cia, quindi, lo contatta tramite Felix Leiter (Jeffrey Wright) per ritrovare uno scienziato dell’MI6 di nome Obruchev che è stato rapito e che ha prodotto un’arma batteriologica letale. Accerchiato dalle donne e da una nuova 007, a cui M (Ralph Fiennes) ha affidato l’incarico di agente con la licenza di uccidere, il personaggio di Bond appare molto più umano, anche nei suoi lati oscuri. La nostalgia, dunque, può assalire lo spettatore che vede nel suo paladino la fine di un’era, anche perché con No Time To Die Daniel Craig si conceda, dopo cinque film esplosivi.
E cosa dire dell’antieroe? Il villain, che qui è invece rappresentato dal terrorista Lyutsifer Safin (l’uomo ha ucciso la madre di Madeline, quando questa era solo una ragazzina salvandole poi la vita), è purtroppo solo abbozzato tanto che Safin (Rami Malek) compare poche volte e sembra essere fino a un certo punto irrilevante per l’evolversi della storia. Come del resto anche Blofeld (Christoph Waltz) che qui è una presenza appunto spettrale.
Ho trovato invece molto incisivo il dialogo finale tra Bond e Safin perché fa riflettere sul senso della vita e sui motivi (giusti?) che hanno indotto Bond ad uccidere.
Nel complesso il venticinquesimo capitolo della saga più longeva della Storia del Cinema è avvincente, il ritmo è sostenuto, la fisicità di Bond sempre dirompente, le scene d’azione, per quanto eclatanti, non sono troppo esagerate e questo non guasta. No Time To Die è anche una pellicola dal taglio decisamente femminista (stupefacente il personaggio di Paloma – Ana de Armas) che lancia tra le righe anche un messaggio contro il razzismo e la xenofobia, con la nuova 007 Nomi (Lashana Lynch).
La recensione di No Time To Die è stata scritta da Maria Ianniciello
Il film ha ricevuto tre nominations agli Oscar 2022, miglior canzone originale, miglior sonoro, migliori effetti speciali. Ultimo aggiornamento 9 febbraio 2022.