Sulle note di un celebre brano di Frank Sinatra si fa strada nella penombra di uno studio televisivo un distinto signore con un cappello in testa che comincia a intonare la canzone in sottofondo, mentre si sistema sorridente su una poltrona preparata per un’intervista. Così inizia Norman Lear: Just Another Version of You, il documentario di Heidi Ewing e Rachel Grady che ripercorre la vita e la carriera di uno degli autori e produttori televisivi più importanti della storia americana. Guardando tutt’oggi alcune scene di sit-com indimenticabili come Sanford and Son, Maude, I Jefferson e Arcibaldo, che Lear ha scritto per molti anni, è impossibile trattenere una sincera risata. E’ emozionante leggere nei suoi occhi una vena nostalgica positiva mentre ricorda e racconta i momenti più importanti del suo lavoro sul piccolo schermo e della sua storia personale. Oggi si è spesso notato come I Jeffersons fossero estremamente attuali e moderni, con le loro ipotesi sul Presidente degli Stati Uniti afroamericano, o sull’attentato alle Torri Gemelle.
Come una sorta di Nostradamus mediatico Norman Lear ha segnato la storia della televisione raccontando vicende familiari sempre all’insegna di una tagliente comicità, toccando tuttavia degli argomenti importanti e di forte impatto sociale. Archie Bunker, per esempio, era il protagonista di All in the Family, conosciuta in Italia come Arcibaldo, ed interpretava questo americano lavoratore di mezza età che vive con la moglie, la figlia e il futuro genero e si confronta ogni giorno con gli altri denunciando un chiaro razzismo e una serie di pregiudizi e opinioni di natura conservatrice. Attraverso il protagonista di questa serie, Lear riesce a sconvolgere l’opinione pubblica introducendo per la prima volta temi banditi prima dalla tv, come il sesso, l’omosessualità, il razzismo e tanto altro. I Jefferson erano considerati il sogno americano per i neri e la serie era la prima pensata proprio per loro, mentre Good Times ha alzato un polverone sulla diffusione di alcuni stereotipi razziali che hanno coinvolto Lear in una bufera di polemiche e difficoltà professionali.
La sua vena creativa è stata forgiata da una vita densa e conflittuale, che lo ha visto protagonista di ben due guerre, e di una discriminazione brutale in quanto ebreo che lo ha allontanato dai genitori. «Ero un lottatore e dovevo sopravvivere», dichiara nel documentario, ripercorrendo le tappe della sua infanzia e adolescenza quando, lontano dalla famiglia, è andato a vivere con i nonni e ha cercato di inseguire un sogno. Le registe Ewing e Grady scelgono la struttura classica del documentario biografico alternando interviste e materiale di repertorio dell’epoca, per descrivere l’affascinante figura di uomo che ha costruito la sua vita sulla capacità di far ridere la gente, pur avendo un passato drammatico e sofferto. Antiche fotografie mostrano un Norman Lear soldato mentre partecipa alla sanguinosa guerra del Vietnam, per poi tornare negli Stati Uniti e vivere un periodo di rivoluzione delle idee. «La mia missione era divertire», afferma scanzonato con umiltà e simpatia ora che ha superato i 90 anni con una lucidità e vivacità che spiegano il suo talento comico unico e originale. Sono tanti i colleghi che lo rispettano e stimano per il suo lavoro, come George Clooney, Amy Poehler e Rob Reiner che confermano la sua fondamentale influenza sulla cultura del Novecento a stelle e strisce. Ciò che lo ha reso un pioniere e un rivoluzionario del piccolo schermo è stata la sua attenzione agli esseri umani oltre che alla storia da raccontare. Una sit-com vive dei dialoghi e quindi della sceneggiatura che deve essere brillante e intelligente, cavalcando i tempi e le mode del momento in cui viene mandata in onda. Ma le creature di Lear funzionano ancora oggi e quante volte, facendo zapping, ritroviamo un episodio di Arcibaldo o dei Jefferson, o dell’ironico Maude su qualche canale digitale? Norman Lear è un talento creativo che ha realizzato un format immortale che molti cercano di imitare ma pochi riescono a eguagliare. Di seguito il trailer in lingua inglese del documentario e la gallery.