Pecore in erba, recensione
Guardando anche solo il trailer di Pecore in erba di Alberto Caviglia, qualcuno potrebbe avere la sensazione che si tratta di un fatto davvero accaduto. Ecco, ci preme mettere subito in chiaro che quest’opera prima è un mockumentary, in cui si utilizza la forma di finto documentario per far passare l’elemento di fiction come se fosse reale. Va detto che “mock” in inglese indica anche qualcosa di ironico ed effettivamente questo genere si fonda sulla caratteristica beffarda che il regista (anche co-sceneggiatore insieme a Benedetta Grasso) riesce a rendere perfettamente, merito della storia di partenza, della costruzione drammaturgica, del giusto casting e di un ottimo ritmo. Presentata in Concorso nella sezione “Orizzonti” alla 72esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la pellicola arriva nelle nostre sale il primo ottobre e, per chi sarà aperto nell’entrare nel mood, si rivelerà fonte assicurata di intrattenimento intelligente, forte anche della giusta dose di autoironia. Tutto parte dalla scomparsa di Leonardo Zuliani (Davide Giordano), capace di scatenare tutti i tg e la mobilitazione dell’opinione pubblica. Lo spettatore inevitabilmente si chiede chi sia e Pecore in erba, pian piano, ce lo svela proponendoci questo viaggio alla scoperta della figura del ragazzo come se fosse un servizio preparato dalla redazione di Sky Tg24. In linea con questa ottica, compaiono i suoi famigliari intervistati, dalla madre (Anna Ferruzzo) alla sorella (Bianca Nappi), facendo un po’ il verso ai servizi giornalistici delle nostre tv in cui, talvolta, si stuzzica l’emotività dei soggetti coinvolti così da creare empatia col pubblico a casa. Rispettando le tecniche del genere, Caviglia inserisce anche il found footage (una serie di filmati-testimonianza), foto vecchie, disegni di quand’era piccolo, il tutto per suggerire una sensazione di realismo a tal punto che, anche chi sa di assistere a un mockumentary, si possa far trascinare nel credere che sia tutto vero. Scavando nel passato di Zuliani, s’inizia a delineare il motivo per cui sia diventato così famoso e lo si fa con interviste a esperti che esprimono concetti come geneantisemita (esaminando esternazioni verso un compagno delle elementari) e racconti di vari incontri che il ragazzo ebbe durante l’adolescenza (ad esempio, l’aspirazione ad entrare in “Fasci & Bulloni”). Oggettivamente non possiamo negare che ci sia molta originalità in questo script e ancor più nelle battute, basti pensare all’idea di Zuliani di creare degli anagrammi pur di entrare senza problemi nello stadio e in cui: “Troppe pecore in erba” si trasformava in “ebreo trippone crepa”. Caviglia & company dimostrano così di saper giocare con la lingua, ma anche con il registro in questione che ricorda alcune corde di Woody Allen, ma anche la comicità “seria” di Sacha Baron Cohen (se si pensa, in particolare, a “Il dittatore”). «Pecore in erba è un film nato per rispondere a una domanda: esiste ai giorni nostri una nuova chiave per parlare di antisemitismo in modo da coinvolgere e sensibilizzare su un tema così controverso? Ho voluto provare ad affrontare un tema terribile come quello dell’antisemitismo con i toni della satira. Questo film vuole divertire, con un racconto che si fonda su un gioco: il gioco di parole, il gioco d’invenzione, il gioco con la Storia e la cultura popolare. È un divertissement che racconta un ragazzo in crescita e che fa riferimento a territori molto legati allo humor ebraico, come la psicanalisi» (dalle note di regia). Dopo i tragici fatti di Charlie Hebdo, ci si domanda spesso quale sia il ruolo della satira, come adoperarla e soprattutto quale sia il limite. Potrà apparire superfluo dirlo, ma bisogna andare preparati e senza pregiudizio alla visione di Pecore in erba e di film che scelgono di utilizzarla, senza oltrepassare la soglia del rispetto e, secondo noi, in questo caso è così. Ciò che colpisce di Pecore in erba è anche l’autoironia che alcuni personaggi, nel ruolo di loro stessi, mettono in campo vedi lo stesso Vittorio Sgarbi che gioca con l’immagine che si ha di lui. In questo esordio, Caviglia riesce con l’ironia a far riflettere su ciò che c’è in superficie, su alcuni codici utilizzati anche dagli stessi social network e sulle dinamiche della comunicazione (si pensi al “commercio” che si crea con la “Nuova riduzione della Bibbia – final cut” realizzata da Zuliani) e del marketing (con “Baci e breacci”, ma non solo). Così, con l’arma del paradosso e ridendo, lo spettatore si ritrova a guardare attraverso un’altra prospettiva il bombardamento mediatico a cui viene sottoposto quotidianamente, e, ritornando alla vita vera, può rendersi conto di come alcuni atteggiamenti e fatti di cronaca spesso superino la finzione. «L’antisemitismo è un fenomeno radicato. Le sue forme più diffuse e difficili da combattere sono proprio quelle manifestazioni più sfumate o apparentemente inconsapevoli» – continua il regista – «Ho cercato un modo per portare in luce e ridicolizzare l’ipocrisia e la malafede (più o meno coscienti), invitando a riflettere sulle sfumature di questo fenomeno e sul nostro modo di porci riguardo ad esso». Noi crediamo che con Pecore in erba ci sia riuscito. [usr 3.5]
Pecore in erba, trama
Siamo nel luglio 2006, il tg lancia la notizia della scomparsa di Leonardo Zuliani. Tutti si mobilitano, anche chi la pensava diversamente da lui o con cui si è scontrato (ideologicamente parlando). Tra interviste e incursioni nel passato si scoprirà (forse) chi è davvero quest’uomo di successo.
Pecore in erba, trailer
“Pecore in erba”
di Alberto Caviglia
Con Davide Giordano, Anna Ferruzzo, Omero Antonutti, Bianca Nappi, Mimosa Campironi, Alberto Di Stasio, Lorenza Indovina, Francesco Russo, Paola Minaccioni, Marco Ripoldi, Josafat Vagni, Massimiliano Gallo, Carolina Crescentini, Vinicio Marchioni, Antonio Zavatteri, Massimo De Lorenzo, Francesco Pannofino, Tommaso Mercuri, Valerio Cerullo, Manuel Mariani, Niccolò Senni. E nel ruolo di loro stessi: Francesco Arca, Corrado Augias, Tinto Brass, Gianni Canova, Claudio Cerasa, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Elio, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Gipi, Linus, Giancarlo Magalli, Enrico Mentana, Giulia Michelini, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak, Mara Venier
Produzione: Luigi e Olivia Musini per On My Own s.r.l. Con Renato Ragosta, in associazione con Paola e Ricky Levi
Distribuzione: Bolero Film
Il film ha ricevuto fino ad ora:
Premio “Arca CinemaGiovani” Miglior Film Italiano a Venezia
Premio “Civitas Vitae – Rendere la Longevità Risorsa di Coesione Sociale”