Per niente al mondo: recensione
“La maggior parte degli uomini conduce una vita di cieca disperazione”, scrisse Henry David Thoreau. I disperati non sono per forza di cose i poveri, coloro che vivono ai margini della società, perché la disperazione può cogliere chiunque, indipendentemente dalla posizione economica, dal sesso, dall’etnia. E può capitare che un solo grande evento traumatico abbia un impatto tale da tradursi in immediata e cieca disperazione. Ed è ciò che accade al protagonista del film Per niente al mondo di Ciro D’Emilio.
Bernardo (Guido Caprino) vede crollare sotto ai suoi occhi tutto ciò che ha creato, perché finisce in carcere con l’accusa di un crimine che non ha commesso. Bernardo è uno chef che ambisce alla stella Michelin quando i carabinieri si presentano ingiustamente alla porta della sua abitazione senza dargli alcuna spiegazione.
Bernardo è uno sconfitto…
Il cielo è cupo in questa cittadina del profondo Nord Italia. I continui flashback e flashforward descrivono cosa è accaduto e cosa accadrà al protagonista. Bernardo, che ha anche una figlia, incontra in cella un detenuto, con cui fa amicizia e che lo aiuta a non soccombere. Quando esce dal carcere cerca poi i suoi amici, con i quali sembra impossibilitato a ricreare i vecchi legami, proprio perché la macchia della detenzione pesa su di lui come un macigno. Tenta, nonostante le immani difficoltà, di riprendersi ciò che ha perso. Il personaggio principale di questo lungometraggio però non è un eroe, è uno sconfitto che cade in quella cieca disperazione di cui ha scritto Thoreau.
Per niente al mondo è una tragedia in chiave moderna; è un film annichilente e potente allo stesso tempo perché alza i riflettori sulle possibili conseguenze della malagiustizia. La pellicola ci fa riflettere inoltre sulla solitudine del singolo, sulla rabbia che nasce dal desiderio di rivalsa e sull’impossibilità di bastare a se stessi. Perché ciò che davvero conta per la società non è la vita in sé ma ciò che si possiede e ciò che si realizza, soprattutto se, come Bernardo, si è venuti dal nulla.
Gli ostacoli e l’incapacità di rifiorire
Questo film racconta ciò che potrebbe accadere quando l’immagine esterna, costruita con tanta fatica, decade tra disincanto e mancanza di coraggio, inteso come capacità di aprire il cuore e trasformare anche le più tragiche cadute in un’occasione per rifiorire senza dover per forza stare sugli stessi sentieri.
E sarà la sequenza del porcospino a trasformare la cieca disperazione in follia. La morte del riccio, che incarna il valore della fede e della fiducia nelle infinite possibilità che gli ostacoli riescono a creare, è qui emblematica. Insomma, Per niente al mondo non è certo una pellicola rassicurante né ottimistica, è altresì un film che apre a più spunti di riflessione sulla giustizia italiana, sull’individuo e sul libero arbitrio, col suo finale a sorpresa. Maria Ianniciello