Promises: recensione
Guardando la locandina di Promises si ha la percezione che il film racconti una travolgente storia d’amore. E quindi ci si siede nella sala cinematografica con alcune aspettative che purtroppo vengono deluse man mano che si procede con la visione.
La pellicola di Amanda Sthers segue i passi cadenzati di un uomo non in maniera lineare bensì circolare passando dall’età adulta all’infanzia e da quest’ultima alla maturità e alla vecchiaia in un battito di ciglia, con tanti (forse troppi) flashback. Il protagonista si chiama Alexander, ha origini italiane, vive a Londra ed è interpretato da Pierfrancesco Favino.
La macchina da presa prima e il montaggio poi ci dimostrano che un singolo evento traumatico cambia l’intera esistenza di un essere umano rendendolo inerte e totalmente incapace di tuffarsi letteralmente nella vita. Non è però la il principio di analogia a dominare la psiche del personaggio principale bensì la legge del contrappasso.
Le emozioni sono ingabbiate…
Amanda Sthers ingabbia le emozioni. Muove la camera con carrellate che tentano di creare movimento, come per sottolineare l’enorme pathos che attraversa la psiche di Alexander senza scuoterne mai il soma. L’effetto che si ottiene è solo un pizzico di cinetosi nel pubblico.
Favino, poi, per quanto performante, è vincolato e tenuto a freno dalla sceneggiatura e quella che doveva essere la coprotagonista (come sembra dalla locandina) è poco più che una comparsa. La verità è che Promises è un film senza anima che tenta di narrare il sentimento caro a Cupido e le occasioni mancate ad esso connesse.
Così una pellicola sentimentale si trasforma in un prodotto molto cerebrale che vuole raccontare con un’enfasi estatica come un singolo episodio traumatico determini (o meglio non determini) le scelte del protagonista mentre il tempo scorre inesorabilmente.
Non è il tema a definire la qualità del film…
I personaggi secondari sono delle comparse nell’esistenza di Alexander che viene ‘ossessionato’ (questa parola è un eufemismo perché nel film il tormento interiore non si evince) da Laura (Kelly Reilly). Promises, che si ispira al romanzo omonimo, nonostante il cast eccellente, è un’occasione mancata proprio come la passione di Alexander per Laura che non si concretizza nel corpo rimanendo ad uno stato totalmente platonico.
Comunque non è il tema a definire la qualità di questo film bensì il modo di raccontarlo. L’amore che sfugge, mentre gli anni passano, non è una tematica nuova nella Settima Arte. Vi ricordate ‘Harry, ti presento Sally’? o anche le magiche atmosfere di La La Land? Ecco, in Promises manca quella poesia, nonostante i riferimenti alla Letteratura che sono però solo formali. (La recensione di Promises è stata scritta da Maria Ianniciello, segui la giornalista culturale su Instagram)