Senza Pulp Fiction il Cinema non sarebbe stato più lo stesso e forse neanche noi spettatori, ormai assuefatti all’iperrealismo delle immagini contemporanee, ma, nell’ultimo decennio degli anni novanta, poco avvezzi ai linguaggi rivoluzionari che Tarantino, narratore erudito e popolare, avrebbe apportato alla realtà cinematografica: ellissi, flashback e flashforward, trunk shot, violenza estetizzante, citazionismo. La vera innovazione sta nell’utilizzo di tali tecniche coraggiosamente inserite all’interno di un irriverente “pastiche” narrativo, alleggerito da affabulazioni cariche di humour nerissimo. Già a partire da “Le Iene” (1992) si profilava un nuovo modo di guardare al cinema popolare, nobilitato all’interno del classico entertainment sbanca botteghino, grazie all’audacia di un thriller da camera in cui la canonica formula del gangster movie, ormai inflazionata, sarebbe stata cambiata da divagazioni circolari della trama, carrellate di macchina ardite e bulimie citazioniste. Difficile oggi, a distanza di vent’anni dalla sua presentazione a Cannes, parlare di Pulp Fiction senza scadere in facile retorica. Il film, osannato unanimemente dalla critica, viene premiato da Clint Eastwood con la Palma d’oro e nel 1995 il regista si aggiudica l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale, scritta insieme a Roger Avary.
Nel 1991 Tarantino firma per sviluppare il progetto con l’appena nata Jersey Production di Stacey Sher e Danny DeVito, col coinvolgimento della Tristar pictures e in seguito della Miramax. Prendendo spunto dal pulp magazine Black Mask, ricco contenitore di polizieschi, noir e narrazioni hard boiled, il regista di Knoxville pensa, insieme a Roger Avary, ex collega al videonoleggio di Manhattan Beach, ad una trilogia ambientata nella criminosa Los Angeles, di cui Pulp Fiction diverrà il capitolo finale, preceduto da “Le Iene” e “Una vita al massimo”. Il resto è storia. Il film, costruito su una sceneggiatura arzigogolata, strutturata come un puzzle che va avanti e indietro nel tempo, si compone di quattro episodi intrecciati l’uno nell’altro: due impacciati criminali (Tim Roth e Amanda Plummer) rapinano un fast food; due sicari, Vincent (John Travolta) e Jules (Samuel L. Jackson), al soldo del boss Marsellus Wallace (Ving Rhames), sono incaricati di recuperare una misteriosa valigetta; dopo un incidente di percorso in cui Vincent uccide un uomo per sbaglio, il killer deve portare a ballare Mia (Uma Thurman), moglie del capobanda Wallace, ma è costretto a salvarle la vita in seguito ad una quasi letale overdose; un pugile, Butch (Bruce Willis) scappa con l’incasso dopo un match truccato che avrebbe dovuto perdere.
Tarantino tiene le redini dell’intreccio facendo scorrere sangue a fiotti, sublimando la violenza in un’estetica fumettistica e infarcendo la vicenda di intriganti aneddoti: la storia dell’orologio di Butch, l’ormai celebre sermone di Ezechiele 25:17 recitato da Jules prima di giustiziare un criminale, l’interessante teoria sul Royal con formaggio e sulla liceità dei massaggi ai piedi della donna del boss. Una parabola irriverente e sarcastica capace di scuotere e appassionare anche i non devoti al cinema di genere, avvolgente e scanzonata, in cui, alle angolazioni impossibili dei trunk shot, si alternano flashback e strutture a incastro avvincenti e al limite del verosimile. Sequenze memorabili rimangono scolpite nell’immaginario cinefilo e popolare: i dialoghi tra Mia e Vincent al Jack Rabbit Slim’s e il travolgente Twist sulle note di “You never can tell”, così sensuale e giocoso; il salvataggio in extremis di Mia dopo l’overdose, la provocatoria redenzione di Jules seguita da lezione messianica sul valore della fede. Tante, troppe le sequenze culto, i rimandi al cinema di serie B e all’universo dei balloons, le ricercate musiche vintage, il lezioso feticismo di oggetti e corpi, il maniacale e divertito racconto che Umberto Eco avrebbe definito “sgangherato e sgangherabile”. Il 7, l’8 e il 9 aprile Pulp Fiction torna nelle sale del circuito The Space: un pezzo di storia del cinema contemporaneo.
Vincenzo Palermo