Recensione di ‘The Irishman’: il nuovo film di Scorsese (qui anche il podcast)

Guardando The Irishman, il nuovo e atteso film di Martin Scorsese, ho pensato al comune spettatore che su Netflix vede le serie tv del momento e le pellicole più gettonate, mentre la sua vita è segnata da una frenetica corsa contro il tempo che gli sembra sempre scarso. La mia recensione è pensata, quindi, per agevolare questo tipo di spettatore affinché possa apprezzare The Irishman e guardarlo così con maggiore consapevolezza.

recensione The Irishman

Recensione di The Irishman (podcast in calce)

Il lungometraggio del cineasta italoamericano dura più di tre ore, nell’arco delle quali si ripercorre oltre mezzo secolo di vita di Frank Sheeran (Robert De Niro), reduce di guerra e sicario della Mafia. Il film si sviluppa su tre tempi diversi, che si intersecano tra loro mediante flashback creati dalla voce narrante (che è quella di De Niro).

La prima sequenza si apre con una carrellata in avanti, attraverso la quale la macchina da presa ci introduce in una residenza per anziani cattolica (ricordate? Il protagonista è irlandese). Poi, la camera con un mezzo busto ci mostra Frank, che è immobile su una sedia a rotelle. Il suo volto fiero ed omertoso nasconde stanchezza e forse anche qualche senso di colpa. Comincia così il suo racconto, che dal 2000 ci porta negli anni Settanta e poi ancora più indietro nel secondo dopoguerra quando Cosa Nostra condizionava le scelte di imprenditori e politici.

In questo contesto Frank incontra casualmente Russel Bufalino (Joe Pesci) che con la sua aria flemmatica e bonaria si vendica di amici e conoscenti senza scomporsi troppo e senza mostrare alcuna carica emotiva. Scorsese non crea, tuttavia, un clima di cruda violenza; infatti l’azione è piuttosto lenta perché chi racconta è quasi con un piede nella fossa.

recensione The Irishman

La scomparsa di Jimmy Hoffa

The Irishman narra, attraverso una storia individuale, una vicenda collettiva che riguarda tutta l’America: la scomparsa in circostanze misteriose del sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino). Il film è altresì la cronistoria dell’ascesa e della caduta della Mafia americana ma è anche il racconto spassionato della fine di un’epoca. I vari trascorsi politici di un’America che cambia, pur rimanendo in alcuni valori e atteggiamenti sempre la stessa, vengono segnalati dai vari notiziari.

La morte di Kennedy, la scomparsa dello stesso Hoffa… la guerra in Kosovo definiscono il campo d’azione. E` la Mafia che decide chi vive e chi muore. Ed è Bufalino a ricordarlo a Frank quando gli sussurra all’orecchio che «se possono fare fuori il Presidente (degli Stati Uniti nda), possono anche ammazzare un presidente di un sindacato». Poi aggiunge: «Lo sai tu, lo so io!».

Martin Scorsese mostra dunque, ancora una volta, il suo punto di vista sulla criminalità organizzata tra giochi di potere, amicizie e tradimenti. Si avvale di Steven Zaillian che ha scritto la sceneggiatura su un soggetto già esistente: il libro di Charles Brandt, ‘L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa”.

Allora, per concludere consiglio allo spettatore di spegnere il cellulare ed immergersi nelle atmosfere retrò di questo film, sulle note di In the Still of the Night dei The Five Satins. (Marica Movie and Books)

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