The Sinner 2: recensione della serie tv
Lo psichiatra austriaco Richard Adler aveva una considerazione dei fenomeni psichici ed emozionali di tipo teleologico anziché eziologico. Ovvero riteneva che qualsiasi disturbo psichico e comportamento umano avesse uno scopo ben preciso. Secondo la pedagogista Maria Montessori, che pure si lasciò molto ispirare dalla visione adleriana, ogni atteggiamento del bambino ha una finalità ben precisa, compresi quei comportamenti che noi consideriamo disturbanti come gli scatti di ira e i capricci. Lo scopo il più delle volte è di essere visti, considerati, guardati, accettati nelle proprie infinite sfaccettature. Alla luce di queste considerazioni potremmo, quindi, dire che anche Julian (Elisha Henig), il coprotagonista di The Sinner 2, sia mosso da un moto istintivo che mira a condurlo all’autorealizzazione in un contesto sociale di per sé schiacciante.
La serie tuttavia ha un approccio psicoanalitico di tipo junghiano (Jung viene nominato anche un paio di volte nella seconda stagione) ai personaggi e ci costringe, volendo o nolente, ad andare oltre le apparenze per sprofondare nei labirinti della psiche, dove nulla è definito perché luce e ombra si intersecano diventando una sola cosa.
Qui la recensione della prima stagione di The Sinner
Un crimine, un bambino e un detective tormentato dal proprio passato
The Sinner è una serie tv antologica, perché gran parte dei personaggi e dei contesti della stagione precedente spariscono dando il posto a una nuova trama con protagonisti differenti. Resta tuttavia intatta la figura del detective Harry Ambrose (Bill Pullman). L’investigatore torna a Keller, a Nord della Stato di New York, sua cittadina natale, perché chiamato dalla figlia di un suo conoscente, Heather Novack (Natalie Paul), che sta indagando sull’assassinio di una coppia che sembra essere stato commesso da Julian, un ragazzino di tredici anni.
Man mano che Ambrose indaga il mistero si infittisce. Il bambino viveva in una comune del paese con la madre Vera (Carrie Coon), una donna dura e all’apparenza inquietante. Così il detective, mentre come al suo solito entra in sintonia con l’indagato, sente che anche parti del suo passato, che aveva sommerso e compresso, riemergono attraverso la figura di Julian che gli fa inconsapevolmente da specchio.
Anche la seconda stagione è molto avvincente
The Sinner 2 è molto avvincente, proprio come la prima stagione. Ogni episodio è scritto e diretto da autori e registi differenti che si alternando rendo la storia e lo sguardo diversi e particolareggiati. Il taglio è quello di un giallo psicologico innovativo.
Dal punto di vista del contenuto, la seconda stagione offre spunti di riflessione sul rapporto tra genitori e figli, sul patriarcato, sulle pratiche di queste sette che sono diffuse in America e che rischiano di diventare facilmente dei luoghi fortemente gerarchici con oppressori (in genere un oppressore) e oppressi. Luoghi dove imperversano il fanatismo e regole ferree, quasi squadriste e militari. Luoghi che nascono con un fine nobile e che poi facilmente diventano il posto ideale per abusi fisici, sessuali e psicologici.
La serie (la trovi su Netflix) sì riferisce sì all’individuo ma senza mai discostarsi dal collettivo: il soggetto si muove in uno spazio condiviso tra cooperazione, libertà personale e rispetto dei confini altrui. Da vedere! La recensione di The Sinner 2 è stata scritta da Maria Ianniciello