Avatar 2: recensione. No spoiler
Avatar 2 è un film mastodontico nella forma quanto nel significato. Tre ore e mezza di pellicola avrebbero potuto se non annoiare almeno spazientire verso la seconda parte. E invece la platea si ritrova a compiere un sensazionale viaggio diventando parte attiva di un sequel molto accattivante. E non solo per la qualità dell’immagine in 2 o 3D ma anche e soprattutto per la sceneggiatura che rende Avatar 2 un prodotto riuscito.
Si tratta nello specifico di un’opera filosofica che pone al centro il concetto di ecologia profonda, teorizzato anche dal filosofo James Hillman che si rifaceva ad un’idea animistica e primordiale della vita. L’ecologia profonda nello specifico esce dalla visione antropocentrica collocando tutte le specie del pianeta Terra sullo stesso piano, comprese le rocce che, secondo questa corrente di pensiero, non sarebbero inanimate. Ogni specie è collegata all’altra e la fine dell’una segna la morte dell’altra.
La via dell’acqua
Il regista James Cameron e gli sceneggiatori Rick Jaffa e Amanda Silver ci conducono di nuovo su Pandora portando i protagonisti lungo la via dell’acqua. Infatti, mentre il prequel era ambientato interamente nella foresta pluviale, in questo secondo film è il mare, con le sue mastodontiche creature, ad essere il vero protagonista.
Come in un film western di prima generazione, dove i pionieri conquistavano e saccheggiavano tutto ciò che trovavano tra le montagne vergini dell’Ovest, gli invasori umani (chiamati abitanti del cielo) ritornano su Pandora perché hanno bisogno di materie prime e soprattutto di un nuovo pianeta da abitare.
Il colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang), col corpo di un avatar, vuole vendicarsi di Jack Sally (Sam Worthington) e della sua famiglia. Quando l’ex marine, ormai diventato un capo tribù, lo scopre decide di emigrare con la numerosa prole (Neteyam, Lo’ak, Tuk e la figlia adottiva Kiri) e la consorte Neytiri (Zoe Saldana) sulla costa dove trova ospitalità tra i Na’vi del mare. In un’atmosfera paradisiaca ed incantata la famiglia Sally dovrà imparare a cavarsela in un ambiente diverso, a contatto con l’elemento da cui nascono tutte le cose. Mentre la minaccia umana incombe su di loro, ancora una volta.
Un omaggio alla vita
Avatar 2, il cui sottotitolo è infatti La via dell’acqua, è un omaggio alla vita. E’ un lungometraggio che parla di padri, a volte rigidi nelle loro convinzioni sui figli, e di secondogeniti che vogliono crescere. Nonostante l’acqua sia un elemento femminile, in questo nuovo film sono gli uomini che hanno bisogno di evolvere per ricongiungersi al loro lato più femminile e tenero affinché possano avere una visione meno materialistica e più profonda dell’esistenza, in un cerchio infinito di nascita e morte nel quale niente si perde e niente si distrugge.
Avatar 2 commuove perché restituisce dignità alla vita tutta, non solo a quella umana. Pandora è solo una metafora. La famiglia Sally può evolversi solo in se stessa, e il popolo (a differenza del primo film) è una presenza importante ma non determinante perché ciò che conta è che i singoli componenti delle varie famiglie trovino energia e coraggio dentro di sé. Bello, è dire poco! Con un cast di alto spessore (c’è anche Kate Winslet) la pellicola ha infatti atteso le mie aspettative.