Cry Macho – Ritorno a casa: recensione del film
Cry Macho – Ritorno a casa è un titolo che da solo non mi avrebbe mai portato al cinema. Almeno non con lo stesso desiderio e non con la medesima enfasi. Però accanto a questo titolo c’è un nome e c’è un cognome che non possono passare inosservati, soprattutto se sei italiana e se hai amato i film di Sergio Leone. Ovviamente mi riferisco a Clint Eastwood.
L’attore e regista americano per questo lungometraggio si avvale di una sceneggiatura non originale. Il film difatti è l’adattamento cinematografico di un romanzo pubblicato nel 1975 a firma dello scrittore e sceneggiatore americano N. Richard Nash.
Equilibrio e classicismo in questo film on the road
Se osserviamo Cry Macho – Ritorno a casa con un occhio più razionale, ci accorgiamo di una mancanza di plausibilità nel superamento di alcuni ostacoli che si presentano lungo il cammino dei protagonisti. I personaggi principali sono un cowboy del Texas di novant’anni (Eastwood appunto) e un ragazzino per metà messicano e per metà texano.
Ma il Cinema, si sa, è una macchina dei sogni che può rendere credibile l’incredibile. Di conseguenza anche un uomo di 90 anni può seminare un’automobile della polizia, domare cavalli imbizzarriti e ballare un lento con una donna di quarant’anni più giovane in un Messico da sogno, tra paesini acerbi e montagne che fanno da spartiacque tra un Paese e l’altro.
Clint Eastwood è il maestro dell’equilibrio e del cinema classico. E quindi anche in questo film si prende il giusto tempo per creare il pathos necessario a sviluppare in modo alquanto coerente la vicenda narrata. Ne viene fuori un eroe di altri tempi, che ha dovuto affrontare dolori insormontabili e peripezie per superarli, dalla morte della moglie e del figlio al conseguente alcolismo sino alla rinascita. Eppure il viaggio dell’eroe non ha mai fine e così, quando il suo ex datore di lavoro (l’uomo che lo ha molto aiutato dopo il lutto) gli chiede di andare a recuperare il figlio a Città del Messico, non si tira indietro perché lui mantiene sempre la parola data. Mike si mette quindi in cammino.
Il Machismo? E’ sopravvalutato
Eastwood tra campi medi e lunghissimi, che ci mostrano il campo d’azione, torna al cinema on the road di The Mule dando la possibilità a un ‘vecchio’ di ritrovare vigore e sprint mediante Rafael (Eduardo Minett), un ragazzino che porta con sé un gallo da combattimento di nome Macho e che è ossessionato dal machismo. Mike passa, dunque, il testimone a Rafael insegnandogli a montare e a domare i cavalli in un Messico forse troppo patinato e da cartolina, senza però abiurare la propria emotività. Cry Macho non è il miglior film del cineasta californiano ma merita di essere visto! (La recensione di Cry Macho è stata scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram)