Madres Paralelas: recensione del nuovo film di Almodóvar
Quando vado a vedere un film di Pedro Almodóvar non so mai che cosa aspettarmi eppure so con certezza che il cineasta spagnolo, a prescindere dal risultato, ci ha messo cuore, anima, spirito. I suoi film spesso mi inseguono per giorni, anche quando mi sono piaciuti meno, ricomparendo nella mia memoria magari solo osservando piccoli e insignificanti dettagli. Flashback che appaiono nel corso del semplice vivere quotidiano.
Ieri sera, per esempio, un piatto di lenticchie condite con pomodoro, sedano e carote mi ha riportato alla mente i colori caldi di Madres Paralelas, una pellicola che non a caso esorcizza il dolore della perdita anche attraverso piatti semplici della tradizione mediterranea, preparati con dovizia da Janis (Penelope Cruz) in una cucina che diventa spesso teatro di vicissitudini dirompenti, tra il detto e il non detto, il taciuto e il rivelato.
Nel nuovo film di Almodóvar i luoghi sono portatori di messaggi e di ricordi, mentre la Terra è una Madre piangente che ha divorato i corpi dei desaparecidos uccisi durante la guerra dal regime di Francisco Franco.
Un nuovo prodigio…
In Madres Paralelas il regista spagnolo compie un nuovo prodigio: riporta a galla ferite che non si sono rimarginate e che gli spagnoli non hanno ancora il coraggio di guardare e quindi di curare. Lo fa mediante due madri, molto diverse tra loro. La prima, Janis, è una brava fotografa di quarant’anni che, pur rimanendo incinta senza volerlo, accetta il nascituro con gioia. La seconda si chiama Ana (Milena Smit) ed è un’adolescente che vive suo malgrado una gravidanza del tutto indesiderata.
La macchina da presa entra in ospedale, nelle stanze dell’ostetricia, e poi in sala parto indugiando sulla complicità che si viene a creare tra queste due donne molto diverse ma legate da un evento che sconvolgerà entrambe. Anche se sarà soprattutto Janis ad affrontare il dolore della perdita e poi a rinascere portando alla luce con coraggio ciò che non doveva essere nemmeno nominato.
La presenza maschile (rappresentata da Arturo – Israel Elejalde) è discreta e a tratti anche disturbante in questo film che tenta di parlare il linguaggio delle donne dando voce a diverse sfaccettature del femminile, tra passato e presente. E quindi c’è la madre di Ana (Aitana Sánchez-Gijón) che, per la sua carriera di attrice, trascura la figlia andando oltre il senso di colpa che l’assale. E poi c’è la madre postmoderna che cerca di conciliare il lavoro con la maternità. E c’è chi invece nel materno si tuffa appieno, nonostante le remore iniziali.
Un film delicato e dirompente…
Madres Paralelas ha delle caratteristiche peculiari, perché è delicato nel far emergere i traumi collettivi ed è dirompente quando affronta ferite individuali e quindi private che trasformano i personaggi principali cambiando il loro modo di stare al mondo. Dal punto di vista stilistico Almodóvar mette insieme quanto realizzato in precedenza condensando in questo nuovo lavoro quasi tutte le tappe del suo percorso artistico. Perché quest’opera, pur avendo un taglio fortemente sociale, ha anche un approccio introspettivo e se vogliamo sperimentale e quindi di perfezionamento.
Insomma, questo lungometraggio riesce a tenere viva l’attenzione dello spettatore, toccando più livelli comunicativi, anche grazie al talento indiscusso di Penelope Cruz che, per questa interpretazione, ha ricevuto la Coppa Volpi alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia.
La recensione di Madres Paralelas è stata scritta da Maria Ianniciello
Il film ha ricevuto due nominations agli Oscar 2022 per la migliore attrice protagonista e la migliore colonna sonora. Ultimo aggiornamento il 9 febbraio 2022.