Nomadland, il film pluripremiato agli Oscar 2021, è finalmente arrivato in Italia. Potete vederlo, infatti, in streaming su Disney Plus dal 30 aprile e al Cinema dal 29 aprile.
La regista e sceneggiatrice cinese Chloé Zhao ha affidato il ruolo di protagonista a Frances McDormand. L’attrice americana, dismessi i panni della madre arrabbiata, Mildred Hayes, in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, interpreta il ruolo di Fern.
Il film alza i riflettori sul nomadismo e su quanti trovano la libertà nel movimento e soprattutto nel viaggio, in una perenne ricerca della propria natura selvaggia. La macchina da presa segue i movimenti di Fern e insieme delinea il contesto con campi lunghi e medi. La luce del giorno è forte, a tratti accecante, e si alterna alla notte con tramonti e albe, in un cerchio perenne di rinascita e morte.
In tutto questo vivere e muoversi, tra personaggi che si avvicendano lungo il cammino della protagonista, conosciamo la storia di Fern. Sin dall’inizio, ci viene detto, tramite i titoli di pancia, che il 31 gennaio 2011, in seguito al calo della domanda di cartongesso la Us Gypsum, chiuse la sua fabbrica di Empire, in Nevada, dopo 88 anni. Intorno allo stabilimento era nato un agglomerato urbano costituito dalle famiglie degli operai. Fern e suo marito vivevano in questa piccola cittadina, al centro del deserto. Con la morte del marito Bo e con la chiusura della fabbrica, questa donna, vicina alla pensione, decide inconsapevolmente di ridare voce a quella parte di sé che per amore aveva congelato. Quindi, si mette in viaggio con il suo Van trovando lavoretti saltuari, nelle varie località dell’Ovest degli Stati Uniti.
Ma qual è il messaggio di Nomadland? Tramite una regia equilibrata, priva di grossi colpi di scena, una sceneggiatura ben scritta, e una fotografia dal grande impatto visivo, Chloé Zhao crea una piccola opera d’arte, dal taglio esistenzialista che racconta di un Paese in divenire e anche molto stanco. L’individuo è posto al centro e si muove in un ambiente non facile ma non del tutto ostico.
Nomadland è un film intimo e personale che si carica di speranza discostandosi da molte pellicole on the road. Fern non viaggia per un obiettivo preciso e non mira a ricostruirsi come Cheryl Strayed di Wilde, né vuole stravolgere la sua esistenza come Christopher McCandless di In to the Wilde, vendendo tutti i suoi averi. Fern, che non è un’istintiva, vive nel ricordo di chi l’ha lasciata con un piglio di nostalgia, di umana rassegnazione e un senso di impotenza. Il suo dolore però è contenuto e perciò il cammino è catartico.
Fern vuole solo percorrere un ultimo pezzo della sua storia in libertà. La protagonista simboleggia dunque l’individuo che si realizza non in maniera stanziale ma pur sempre tramite l’incontro con altri esseri umani. L‘agglomerato, costruito intorno alla fabbrica, si è trasformato così in un’altra città fantasma, dove Fern forse decide di lasciare i suoi ricordi e un pezzo del proprio cuore in una catarsi da compiere in solitudine, mentre le giornate scorrono e i paesaggi cambiano così come mutano gli stati d’animo. Da non perdere! Maria Ianniciello