Top Gun – Maverick: recensione del film
Con Top Gun – Maverick, Tom Cruise non compie un’operazione nostalgia perché il sequel del film cult del 1986 appassiona e coinvolge in modo originale per energia e pathos. Il rischio che il sentimento che condusse Ulisse ad Itaca potesse appiattire la pellicola è stato per fortuna scongiurato. Certo, si intravede un pizzico di nostalgia quando Pete abbraccia Iceman (Val Kilmer) o quando vola con Rooster (Miles Teller), figlio di Goose, su un vecchio aereo degli anni Ottanta ma il film brilla di una luce tutta sua.
La pellicola crea spettacolo eppure non è la performance né una competizione sorda e fine a se stessa l’asse portante di questo sequel che mette l’essere umano, uomo e donna, al centro di una sceneggiatura ben scritta. I personaggi, anche quelli secondari, sono ben delineati, la musica come nel prequel è accattivante e rende questo prodotto riconoscibile e quindi riconducibile al primo Top Gun.
L’evoluzione di Maverick…
Pete Mitchell, detto Maverick, è cresciuto, ha acquisito di maturità senza perdere la sua fierezza, è più consapevole dei propri mezzi e tuttavia continua a seguire la strada che per lui ha un cuore sia nel privato che in volo. Avrebbe potuto godere delle onorificenze con promozioni e laudi compensi dietro a una scrivania ma lui ha nel sangue il volo. Volare è la sua vocazione, il suo istinto primordiale.
Forte del suo grande coraggio, della sua spinta alla vita, del suo altruismo, di una saggezza acquisita con gli anni, Pete affronta adesso una nuova sfida con grande dedizione: è chiamato a preparare i migliori piloti della marina per una missione impossibile che farebbe impallidire anche Ethan Hunt.
La macchina da presa di Joseph Kosinski si muove agile e non nevrotica tra cielo e terra, in territori indefiniti, tra montagne accidentate e acque profonde. Mentre Tom Cruise con i suoi inconfondibili Ray Ban e a bordo della sua altrettanto inconfondibile motocicletta cerca e trova brio e libertà anche nell’amore per la sua ex fiamma Penny (Jennifer Connelly).
Top Gun – Maverick è insomma un piccolo gioiello che mette l’uomo o meglio l’essere umano (la pellicola ha un certo approccio inclusivo) e non le macchine in primo piano, proprio come nel primo film e in altre pellicole sullo sport, quali per esempio Rush.
Il sequel di Top Gun ci dice, inoltre, mediante un nemico indefinito e invisibile, che i veri avversari dell’America sono quelli interni, ovvero che i veri fantasmi non vanno ricercati all’esterno bensì in uno spazio interno e psichico in cui l’Io collettivo può ritrovare il suo Sé attraverso azioni eroiche individuali. Il lungometraggio ha dunque una certa profondità e larghezza di pensiero perché ci induce a riflettere tra le righe sulla nostra contemporaneità con intelligenza e perspicacia. Da vedere! La recensione di Top Gun – Maverick è di Maria Ianniciello