“Ricorda con rabbia” di Osborne è una rappresentazione teatrale in cui sono messe in scena le vicissitudini di un gruppo di ragazzi, le loro vicende personali e la storia d’amore dei due protagonisti: la tragedia umana “privata’ diviene paradigmatica di un’intera generazione. Un’inquietudine profonda, la frustrazione ed il senso di impotenza sono temi che ogni spettatore può riconoscere come propri, o in chi gli vive accanto, o nello sconosciuto che tutti i giorni prende con lui l’autobus e che improvvisamente esplode nella furia omicida. È l’uomo “contro” che non distingue più i confini della sua rabbia, è contro anche le campane che irrompono nella discussione, è contro la padrona di casa, è persino ‘contro’ la pioggia. Ricorda con rabbia è apologia della rabbia irruenta, disperata, generalizzata, quella che ci circonda ora, rabbia verso una realtà che va liquidata, rivista alle radici. A suo tempo la pièce venne definita “manifesto di una generazione”: oggi potremmo dire che ha preannunciato i nostri tempi ed è ancora il manifesto di chi si scontra con una società indifferente. È l’ira di chi affronta con furia chi si trincera nella sua cittadella a difesa dell’arroganza e della nebulosità dei suoi finti moralismi, di convenzioni e ipocrisie sociali, che non lasciano spazio né consolazione agli altri. L’uomo contro è ucciso dalla noia, dalla ripetitività delle cose quotidiane e in particolare dalle domeniche, urla perché gli altri si risveglino dall’indolenza e riscoprano un qualche entusiasmo, un qualche interesse nel presente che ai suoi occhi appare orripilante e disgustoso, anche nei giornali e nelle cronache culturali. Sembra dirci ancora oggi: “mutate animo, non vi accorgete del dolore che andate seminando? io ne sono l’emblema, il Cristo crocifisso dall’indifferenza!” E alla fine, violento e malinconico, si ripiega su se stesso, cerca il contatto, recupera la sua dimensione umana e affettiva, al riparo delle trappole esterne. “E’ nato in un’epoca che non è la sua”: ma qual è la sua epoca? E’ difficile trovare ancoraggio in una società regolata da norme che non si riconoscono. Oggi a quasi sessanta anni dalla prima rappresentazione del 1956 al Royal Court Theatre di Londra, il testo di Osborne è quanto mai attuale, è la tragedia di una solitudine individuale che si fa collettiva, in una incomunicabilità pressoché totale, in una micro collettività giovanile totalmente priva di entusiasmo e stimoli, senza riferimenti culturali forti cui far riferimento, incastrata in consuetudini imposte da un esterno che la fagocita per il suo guadagno, che ne brucia la possibilità e la creatività. L’uomo ‘contro’ è il giovane arrabbiato di questa generazione che non sa più in cosa credere e si attorciglia su se stesso alla ricerca di un’improbabile emancipazione fatta di eccessi, di coazione a ripetere; ma si trasformerà fino a diventare l’uomo ‘per’? L’ansia per una società più giusta sembra riaffacciarsi in questa epoca così sciatta nel sentire, così incapace di empatia, così prossima al collasso.
Cosa è cambiato da quel lontano 1956? Per ora la risposta è ancora la rabbia. Lo spettacolo di di John Osborne è diretto da Luciano Melchionna ed è prodotto dal Teatro Bellini Napoli. Tra gli interpreti Stefania Rocca, Daniele Russo, Angela De Matteo e Marco Mario De Notaris. La rappresentazione andrà in scena al Teatro Verdi di Padova dal 19 marzo, alle 20.30, fino al 24 marzo.