Napoleon: recensione del film di Ridley Scott
Se decidete di andare a vedere Napoleon, dimenticatevi il Ridley Scott de Il gladiatore. Ma dimenticate anche il Joaquin Phoenix di Joker. L’attore Premio Oscar risulta ingabbiato in un ruolo che avrebbe potuto riconsacrarlo a mostro sacro della recitazione. Napoleon di Scott è un film piatto, non noioso intendiamoci. Il regista di Thelma & Louise ha dimenticato le emozioni a casa e ha girato un lungometraggio non solo che di storico ha ben poco ma anche privo di pathos. Il protagonista, poi, non compie un percorso evolutivo. Dell’ascesa di Napoleone Bonaparte vediamo poco e quello che ci viene descritto è confusionario; per esempio come e perché il celebre stratega mise a soqquadro l’Europa tanto che l’Inghilterra dovette unirsi con la Prussia per sconfiggere i francesi a Waterloo il 18 giugno del 1815 non emerge.
Napoleone sembra in questo film privo di personalità, appare come un cavallo imbizzarrito e instabile, poco stratega. E invece conosceva l’arte militare a pennello. Sapeva sorprendere e prevedere le mosse dei nemici tramite un mix di intuito e razionalità che implicava lo studio del terreno e quindi del nemico.
Forse la necessità di domare gli impeti di un attore emotivo come Phoenix ha appiattito il protagonista non rendendogli giustizia? Non credo. Ritengo che la necessità di contenere l’emotività per far emergere il raziocinio abbia penalizzato molto il film. Non credo che c’entri il politicamente corretto, almeno non in senso lapalissiano. Credo piuttosto che si sia voluto mettere l’accento più sulla vita privata (facendo vedere anche come vivano le donne del tempo) che sulle imprese pubbliche del generale. Infatti il forte legame con Giuseppina (una splendida Vanessa Kirby) – da cui il generale dipendeva emotivamente – ha preso il sopravvento nella pellicola.
Scott non fa cinema d’autore. Un film intimistico su Napoleone Bonaparte non è nelle sue corde e quindi solo il momento delle battaglie finali ha creato un po’ di tensione e movimento. Per il resto il lungometraggio è segnato da una calma fin troppo piatta per una personalità megalomane come Napoleone Bonaparte.
Infine l’arco di trasformazione, che dall’ascesa conduce alla caduta (si cambia anche cadendo e restando intrappolati nel proprio ego,) è pressoché inesistente. Napoleone è stato un vinto che ha cercato la grandezza. Ma in questo film sembra che la grandezza quasi gliela impongano. E Scott ripercorre la vita pubblica e privata di Bonaparte, dagli inizi del 1800 fino al 1821, quando il generale nonché ex re di Francia morì sull’isola di Sant’Elena. Ad ogni modo il lungometraggio non mi ha convinta! Maria Ianniciello