SALVATORES: LA TV HA DIVORATO IL CINEMA

© Elena Lombardo - Gabriele Salvatore

di Elena Lombardo

“La tv non si è mangiata il cinema ma, gli ha dato un morso”. È questa una delle tante riflessioni del regista nostrano, Gabriele Salvatores, che è stato protagonista del primo dei quattro workshop del Milano Film Festival 2012.

Il maestro ha intrattenuto una vera e propria conversazione con un giovane giornalista milanese, coinvolgendo il pubblico presente al Teatro Ariosto di Milano. L’incontro, durato un’ora e mezza, è stato una premessa alla successiva proiezione del film Kamikazen- Ultima notte a Milano (1984), proiettata al Parco Sempione alle 22,30.

Salvatores si colloca appieno nel contesto cinematografico analizzato dalla 17esima edizione del Festival, che focalizza l’attenzione sul decennio “buio” del cinema, quando la televisione ha cominciato a influenzare e intervenire sul grande schermo. Negli anni ’80 Gabriele Salvatores stava girando le sue prime pellicole ed è forse lui il regista che ha compreso, in anticipo, che qualcosa stava cambiando nel cinema.

Infatti, Salvatores ha spiegato come ha vissuto quegli anni. Fondatore del Teatro dell’Elfo di Milano, di cui è ancora socio, Salvatores parla di una Milano dove «c’era voglia di fare, c’era una vitalità, una spinta creativa di poter fare stando tutti insieme». L’Elfo era come una Comune, vivevamo insieme. Inoltre l’Elfo sfornava talenti, tutti quelli che sono in Kamikazen: Paolo Rossi, Bisio, Silvio Orlando”. Gabriele Salvatores spiega poi cos’è la comicità: «Se viene usata in un certo modo, è una sorta di pillola finale. È la vera parte della realtà delle cose, fa ridere alcuni, altri no. Dipende dalla visione del mondo e degli altri, può essere pericolosa».

Il maestro non si risparmia negli aneddoti e racconti sugli anni degli esordi e spiega anche come la figura di Nino Baragli, montatore di grandi come Pasolini e Fellini, sia stato un grande maestro. La discussione ripercorre le pellicole più significative che Salvatores ha girato negli anni del cinema buio. A parte Kamikazen, altra pellicola considerata è Marrakesch Express del 1989. Film dove si vede un Diego Abatantuono più giovane ma sempre all’altezza e qui arriva la domanda bollente. “Come mai si è rotto il sodalizio con Abatantuono?” Salvatores risponde con grande tranquillità, riconoscendo la bravura dell’amico attore e il grande rapporto di quegli anni. «C’è stato il tentativo di cambiare genere da parte mia. Diego è straordinario, ve ne accorgerete se lo dirigerete…L’unica cosa che mi dispiace è che Diego avrebbe potuto fare più cinema, è un po’ pigro… semplicemente io viravo da un’altra parte. Lui mi ha insegnato tanto».

L’analisi continua con Turné del 1990, considerato come il film che segna una sorta di secondo tempo del suo cinema. Lo stesso regista spiega che «Riallacciandoci al discorso del festival, cominciano le tv private con un’ampia offerta». «L’Italia è stata invasa da questa voglia di accattivarsi il pubblico con la risata e comincia in me una certa nausea. È la tv dei pubblici non del pubblico. Il cinema era la scatola dei sogni. La tv ha modificato la visione cinematografica: ritratti, dettagli, ritmo stretto. La tv ha abbassato il gusto del pubblico, ci ha rovinato il gusto», ha detto.

Dopo una fitta conversazione a due, l’ultima parte di questa lezione è stata data in mano al pubblico. Tante le domande poste al regista, che ha cercato di rispondere con ironia e coinvolgimento.

In questa parte dell’incontro Salvatores è entrato ancora di più nei dettagli del suo modo di “fare” cinema. Ha spiegato che «in Italia non vengono frequentati molto i generi: western, horror. Io ho provato a fare delle cose che non sapevo fare, solo così potevo dimostrare che si potevano fare». Salvatores ha anche detto la sua sul 3D: «È qualcosa di non necessario al cinema perché abbiamo bisogno di emozioni e sentimenti». E poi ancora ha spiegato le scelte musicali dei suoi film, il fatto che un suo film comincia sempre da una colonna sonora sul quale pensa tutte le scene e poi le realizza in pratica. Pare un regista poco rigido, che sfrutta le capacità teatrali del cinema, di non ripetere mai una scena allo stesso modo. Sembra amare gli intoppi, gli incidenti che possono verificarsi senza poter essere previsti. Ultima battuta ma non per importanza, Gabriele Salvatores esorta i giovani volenterosi di diventare registi, di provare in pratica a fare un film senza aspettarsi niente da nessuno.

Salvatores intrattiene una ricca conversazione con il suo interlocutore e con il pubblico. Un’ora e mezza di racconti intensi e opinioni attraverso le parole di chi allora esordiva nel cinema e che, oggi, è diventato uno dei più importanti registi del panorama italiano. Questo incontro ha permesso di comprendere meglio il vero spirito del tema scelto per questa 17esima edizione del Milano Film Festival.

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