Ieri, una delle prime apparizioni nel “Voto” (1950) di Mario Bonnard, in cui è una festante proletaria a Piedigrotta, oggi, intramontabile icona e diva che abbraccia una dimensione mitica e insieme familiare, domani…narratrice di se stessa. “Ieri, oggi, domani”, come il quarto film in coppia con Mastroianni e l’autobiografia, edita da Rizzoli, in uscita a settembre per celebrare i suoi ottanta anni.
Era ancora un’acerba Sofia Scicolone nei suoi primi film, prima di lavorare a fianco di Totò (“Le Sei mogli di Barbablù”, “Totòtarzan”, “Miseria e nobiltà”) e di calcare gli studios di Pisorno, la piccola Hollywood sull’Arno (“Pellegrini d’amore”, 1954), preludio al suo ingresso nello Star System della vera Fabbrica dei sogni nel 1958 con “Orchidea nera” e “Un marito per Cinzia”, in cui a sposarla è il raffinato Cary Grant. Poi sarà sempre e solo Sophia Loren, col sofisticato “ph” in mezzo al nome e l’omaggio reso all’attrice svedese Marta Toren. Sono trascorsi circa sessanta anni dal suo debutto, e quasi ottanta dalla nascita nella capitale, anche se lei, romana di Pozzuoli, ha sempre affermato di essere napoletana prima che italiana, perché essere partenopei “è un’altra cosa”. Ed è proprio l’ “Oro di Napoli” che le porta fortuna, perché il celebrato film a episodi del 1954 di Vittorio De Sica la rende famosa nel ruolo di una procace e fedifraga pizzaiola. Seppur nascoste da farina, pesante trucco (“Aida”, 1953) o celate dietro gli scatti rabbiosi di Cesira (“La Ciociara”, 1960), le forme sinuose e conturbanti, esplose nel famoso strip-tease di “Ieri, oggi, domani” davanti a un attonito Mastroianni, si abbinano al magnetismo felino di un prorompente slancio passionale, all’eleganza fascinosa di una bellezza mediterranea che lei stessa definì “unità di tante irregolarità”. Regolare invece è il “triangolo magico” dei tre film del 1954 (“L’Oro di Napoli”, “La Donna del fiume”, “Peccato che sia una canaglia”) che la elevano al rango incontrastato di regina italiana della celluloide.
Otto anni dopo campeggia sulla copertina del “Time” e nel 1961, con il suo film manifesto “La Ciociara” vince l’Oscar come migliore interprete, il primo ottenuto da un’attrice concorrente per il film straniero. Donna dei record, attrice versatile e intensa, grazie alla potenza espressiva del volto scultoreo, alla prorompente presenza scenica e alla straordinaria capacità di recitare anche in francese e in inglese. Poi, l’allontanamento dalle scene, complici i problemi familiari e fiscali, il vuoto enigmatico di sceneggiature per dive over 50, il ruolo di moglie (del produttore Carlo Ponti) e madre (di Edoardo), che la dirigerà in “Cuori estranei” nel 2002 e nel 2013 in “La Voce umana”, ispirato all’opera omonima di Jean Cocteau e presentato, tra scroscianti applausi, al Tribeca film festival di New York. Prima dell’eclissi Sophia Loren brilla ancora in “Una Giornata particolare” di Scola e bissa il sensuale siparietto erotico con Marcello Mastroianni in “Prêt-à-porter” per Robert Altman. Ripercorrere le tappe della sua lunga e sfolgorante carriera significa non solamente celebrare la diva e donna di un tempo che fu, ma anche tornare a vagheggiare l’epoca in cui l’attore, ancorato a un sognante orizzonte narrativo e cinematografico, diveniva modello iconologico e sapeva, con un semplice sguardo in macchina o con una particolare movenza, nutrire l’immaginario collettivo di milioni di spettatori.