The Old Oak: recensione
The old oak è un piccolo gioiello della settima arte, non solo anglosassone, è un’opera dirompente grazie al suo messaggio semplice ma potente e alla fotografia documentaristica di Robbie Ryan. Il ritmo del film è cadenzato ma non lento, l’andatura non è stanca, la noia non è contemplata. I personaggi principali sono ben delineati, la scrittura è pulita, senza sbavature.
Il regista-attivista Ken Loach, avvalendosi della penna di Paul Laverty, gira un film che ha una profondità disarmante. Loach, con uno sguardo non ideologico, fa leva su stati dell’anima universali, come la solidarietà. Sì, perché la solidarietà è uno stato dell’anima e ci si può esercitare a provarla, non nasce nel cuore di ognuno spontaneamente, ci si educa a essere solidali col prossimo anche comprendendo che la paura che le risorse non possano essere sufficienti per tutti è atavica (non per forza è generalizzata e lo vediamo nel film), così come la fobia per lo straniero.
Ken Loach gira un film in cui la parola chiave è empatia. Empatia verso gli abitanti del posto ed empatia verso gli immigrati siriani.
Trama di The Old Oak e considerazioni finali
Il regista e lo sceneggiatore hanno creato un personaggio principale che per certi versi mi ha ricordato (non per il cinismo ma per la tendenza alla depressione) Tony della serie tv After Life. TJ Ballantyne (Dave Turner) ha un pub in decadenza che si chiama Old Oak. Siamo in un paesino dell’Inghilterra del Nord dove le miniere sono state tutte chiuse. I pochi abitanti rimasti non se la passano proprio bene a causa della disoccupazione e l’Old Oak è l’unico pub che è rimasto aperto. Un giorno arriva nel paese un gruppo di profughi siriani.
Gli immigrati non saranno ben accolti da molti dei cittadini del posto. Ballantyne fa amicizia con la giovane siriana Yara, che è appassionata di fotografia, e la sua vita prende una piega differente. The Old Oak affronta, dunque, il tema dell’immigrazione senza giudizio e con uno sguardo lungimirante. La scena in cui Yara visita la cattedrale con il signor Ballantyne è di una potenza disarmante grazie ad un primo piano angolare che mette in evidenza lo sguardo della ragazza che, guardando verso l’altare, parla di speranza. A dimostrazione che il Credo di ciascuno, se solo volessimo (Yara è musulmana), potrebbe essere un ponte per la libertà da ogni pregiudizio.
Senza mai accennare a Dio e alle religioni (Ballantyne è non credente) The Old Oak parla di fede e dunque di speranza in un mondo che cambia velocemente, dove la parola pace è spesso usata per acquisire consensi e non per un sentire profondo. Bello è dire poco! Maria Ianniciello