The Whale: recensione
“Se provi a dire mi dispiace un’altra volta, ti infilzo con un coltello. Lo giuro su Dio!”, dice Liz (Hong Chau) a Charlie che risponde: “Cosa vuoi che succeda, comunque non riusciresti a raggiungere gli organi”. Poi un’acuta risata di lui, un sogghigno di lei. La frase dice molto sul personaggio principale di The Whale, il film-capolavoro del regista e sceneggiatore newyorkese Darren Aronofsky. Ci dice che Charlie sa sdrammatizzare all’occorrenza ma ci dice pure che il tessuto adiposo funge da barriera tra il protagonista e il mondo esterno. Il grasso protegge Charlie dal dolore della perdita che non può essere esorcizzato se non mediante il cibo, tanto cibo, che quest’uomo che pesa 300 chili conserva ovunque, finanche nei cassetti della scrivania.
Trama
Il personaggio di un irriconoscibile e straordinario Brendan Fraser è un docente di scrittura creativa, dall’animo nobile e dallo sguardo intelligente. Charlie insegna online. La sua telecamera è perennemente spenta mentre svolge le coinvolgenti lezioni a distanza. La sua ossessione per l’autenticità nella scrittura parla di una richiesta di attenzione e di veridicità che egli stesso non si concede, perché ha deciso di chiudersi in casa da ben quattro anni, mettendo una distanza tra sé e il mondo.
Il suo aspetto mastodontico lo disgusta, la sensazione di non essere accolto e accettato lo pervade. Eppure Charlie non fa nulla per curarsi, anzi decide di morire. Si rifiuta infatti categoricamente di andare in ospedale nonostante le sue condizioni di salute stiano peggiorando. Charlie è omosessuale ma ha una figlia diciassettenne che ha avuto dal precedente matrimonio eterosessuale e che non vede da molti anni. Ellie (Sadie Sink) un giorno va a trovarlo e, con un’andatura strafottente e l’aspetto da ribelle, lo provoca. Ma Charlie vede la figlia per ciò che è, forse idealizzandola un po’ ma andando sempre oltre le apparenze. E lo fa all’inizio anche con Thomas (Ty Simpkins), il missionario cristiano che tenta di convertirlo.
I legami spezzati
The Whale è un film molto intenso che ci parla di legami spezzati, di lutti, di occasioni mancate e di padri che cercano la loro redenzione. La macchina da presa si muove cauta in un ambiente chiuso. Il campo è ristretto, le inquadrature sono buie, piccole e circoscritte in contrapposizione con l’aspetto fisico del protagonista che, chiudendosi a riccio nel suo mondo protetto, fatica a muoversi negli spazi limitati e tra le porte che separano le stanze. Non sappiamo nulla della città, né del contesto esterno. In lontananza, dal porticato dell’abitazione di Charlie, si vede un lago e del verde, siamo forse in campagna?
L’obesità tra rabbia e remissività
L’obesità porta con sé chiusura e circospezione, paura del giudizio e remissività. Charlie mostra difficilmente la propria rabbia, è positivo eppure è profondamente disturbato. Come Nicolas di The Son, anche Charlie (a differenza della figlia) introietta la propria sofferenza, riversando la propria rabbia su di sé. Ma ci tiene a precisare che un tempo, pur essendo sempre stato grosso, non era obeso. Sì, perché non possiamo essere tutti e tutte taglia quaranta, come il marketing ci vuole far credere (rimando per questo tema al libro cult Il mito della bellezza di Naomi Wolf – lo trovi qui). Ognuno ha la sua corporatura. Tenendo conto, poi, che il cervello è un organo e, superando la vecchia dicotomia cartesiana tra mente e corpo, bisogna affermare con forza che l’obesità è una malattia che nasce nel corpo e per il corpo.
La religione
Insomma The Whale affronta più tematiche in maniera molto profonda, soffermandosi anche sulle deviazioni delle religioni, i cui adepti possono facilmente trasformarsi in integralisti e fanatici che, prendendo alla lettera il linguaggio metaforico delle Sacre Scritture (spesso sono state soggette a riscrittura quando sono state tradotte) pongono vincoli e veti soprattutto alla vita sessuale dei fedeli. Come se questa fosse davvero importante per Dio. La spiritualità, invece, non può essere coltivata nell’ambito di una religione che giudica e condanna.
Infatti, se immaginiamo Dio non come un Signore con la barba bianca che emette giudizi sulla nostra condotta, in stile dantesco, ma come un’energia ancestrale che è presente nella Natura dalla notte dei tempi, capiamo che la vera Spiritualità non può mai far rima con omofobia! Dove c’è odio non esiste Dio. The Whale ci induce a riflettere su tutto questo e molto altro, commuovendo. La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’opera teatrale di Samuel D. Hunter ed ha ricevuto due premi Oscar nel 2023, uno al migliore attore protagonista, l’altro per il miglior trucco. Maria Ianniciello