“Marrakesh Line”, su etichetta Music Force, è il titolo del progetto multiculturale del maestro di chitarra di origini siciliane Beny Conte che ha chiamato a raccolta alcuni dei suoi migliori allievi provenienti da diverse zone del mondo per dare vita alla The Factory of musicians e ad un disco simile ad un prisma multisfaccettato di colori, aperto alle più svariate interpretazioni.
L’ album, comprensivo di nove tracce, è interamente strumentale eppure una voce pare esserci ed è quella di una chitarra, assoluta protagonista di un viaggio surreale e surrealista. Linee arabe, europee e americane attraversano il pentagramma senza limiti e confini. “Forth hour” apre l’album con una dichiarazione d’intenti: una chitarra solitaria, intima ed intimista s’impone in un insieme di elementi che si sposano armoniosamente nell’ insieme ma che, tuttavia, rimangono timidamente sullo sfondo. Lo struggente lirismo del finale introduce l’ascoltatore tra i meandri country di “Nostalgia” . Sensuali percussioni profumate di etnicismi intrigano e conquistano i sensi, trascinandoli verso un invisibile altrove a cui si vorrebbe tornare. Il mood arabeggiante della title track “Marrakesh Line” riconduce un disorientato viaggiatore verso la via smarrita, poi un blues, carico di pathos, ci riporta , dal passato ad un presente ormai interculturale. Il crepuscolo intriso di inquietudine di “Arabian Chaos” trascina i pensieri in un tripudio di innesti musicali. Un concept panistico, quasi bucolico, attraversa, invece, le note della breve ed intensa “Ukulele time” mentre “November rain” ripiomba in un mood malinconico. La vorticosa danza strumentale di “Trikele” libra leggera verso le vie americane di “Journey to Alabama”. L’evoluzione country del disco si conclude con “An other country” in nome dell’eterogeneità che contraddistingue questo originale prodotto discografico.
Raffaella Sbrescia