Si è appena conclusa la 70esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia che quest’anno non solo ha visto trionfare un film italiano dopo 15 anni ma ha anche premiato la scelta del direttore artistico Alberto Barbera di dare spazio e visibilità al genere del documentario. La vittoria di “Sacro Grà” di Gianfranco Rosi, a metà strada tra fiction e realtà, dimostra che la voglia di conoscere, capire ed approfondire il mondo è ancora forte. Questo settantesimo compleanno della Mostra era stato preannunciato leggermente in sordina, causa mancanza di super star, ma, a dirla tutta, le suddette super star non ci sono affatto mancate.
La tradizionale sfilata del Red Carpet, i party esclusivi i vari Clooney, Bullock, Johansson sono stati la perfetta cornice glamour di una selezione di lavori seri, approfonditi, accurati. L’aumento del 20% del pubblico pagante è stata, inoltre, l’ulteriore conferma del fatto che la Mostra d’Arte cinematografica gode ancora di buona salute.
Scene violente, crude, dirette, sceneggiature intrise di dramma, pathos e psicologia sono semplicemente il fedele ritratto di un mondo che vive un momento storico particolarmente complesso in cui è doveroso fermarsi, investire denaro e capire fino a che punto può spingersi la mente umana, non solo nel mondo del cinema ma soprattutto nel mondo reale.
Le luci della ribalta servono perché ormai è così che funziona; tra un Tweet ed uno stato su Facebook, tra una foto su Instagram ed una su Pinterest, alla fine, sono tanti i consensi strappati da un’edizione festivaliera sobria ed intelligente.
Raffaella Sbrescia