“Non uccidere. Prendiamo così alla leggera questo divieto che ci troviamo a cogliere un fiore senza pensarci, a pestare un povero insetto senza pensarci, senza pensare, orribilmente ciechi, non sapendo che ogni cosa si prende le proprie rivincite, non preoccupandoci della sofferenza del nostro prossimo, che sacrifichiamo ai nostri meschini obiettivi terreni”. Questo è quanto affermava Albert Schweitzer, un medico che ha dedicato la sua vita al prossimo. Quest’uomo, altruista per natura, dotato di un’intelligenza fine e di una sensibilità illimitata, fu definito dal dottor Kennedy Schultz «un uomo del rinascimento innalzato a dimensione spirituale» per le sue competenze da organista. Schweitzer, che conseguì due dottorati in Teologia e Filosofia, era un autorevole studioso della Bibbia. Ma tutto questo non gli bastava e, mentre altre persone a trent’anni si sarebbero sentite già troppo vecchie per apprendere, lui si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Strasburgo, definendo quel periodo il più estenuante della sua vita. Schweitzer però non si diede per vinto e, oltre a studiare, continuava a tenere sermoni la domenica e concerti per l’Europa, fino a quando non si laureò. Da allora si dedicò alla cura dei malati nelle zone più remote dell’Africa. Le sue convinzioni, basate su una filosofia di vita semplice, ma allo stesso tempo nobile, gli diedero la possibilità di vivere appieno e con gioia la sua esistenza.
Schweitzer credeva che ogni uomo, per realizzare il proprio potenziale divino e infinito, ha bisogno di uno scopo e al contempo deve nutrire nei confronti della vita un senso di mistero e timore. Ogni essere umano deve farsi coinvolgere dai propri obiettivi, per migliorare la sua esistenza e quella dei propri simili.
Per quale motivo vi ho raccontato questa storia? Perché abbiamo la necessità di seguire degli esempi. Ognuno di noi, per natura, deve relazionarsi con l’altro per contribuire all’evoluzione della nostra specie. L’individuo che non ha esempi si richiude in se stesso, facendo appassire la sua anima per poi far morire anche il corpo. Davanti ai nostri computer, chattiamo con gente sconosciuta, dimenticando che non stiamo dialogando con il monitor ma con uomini e donne fatti di carne e ossa; persone che hanno un’identità e uno spirito. Inoltre, presi dal nostro egocentrismo, ci lasciamo annichilire dai luoghi comuni che fanno sparire le rispettive diversità: il mondo non è né bianco, né nero ma è ricco di colori. Quindi, ascoltiamo e guardiamo veramente l’altro e le cose, oltrepassando il pregiudizio e prendendo come esempi solo quelle persone che hanno saputo sfruttare a loro vantaggio anche quelle situazioni che la massa considera negative…
Maria Ianniciello