Attenti a quella frase: «Il futuro è dei giovani»

Questo non è un Paese per giovani; i dati parlano chiaro: l’età media della classe dirigente è di 59 anni, molto più alta rispetto alla media europea soprattutto quando il confronto viene fatto con le Nazioni del Nord, come Danimarca, Svezia e Norvegia. Se proprio vogliamo essere onesti e sinceri, senza però generalizzare, in Italia c’è vecchiume in tutto, nella mentalità principalmente. Perché è proprio la forma mentis che crea queste contraddizioni. Basti pensare a come vengono trattati i bambini, soprattutto a Sud, dove generalmente avere un figlio significa per la coppia rinuncia alla vita sociale e per le mamme al lavoro. Poi, verso i cinquant’anni, quando i bambini sono cresciuti, la coppia si ritrova disgregata e la donna più sola che mai. Quindi, spesso (non sempre) fa comodo per i genitori, in particolare per le mamme, far diventare i ragazzi degli eterni “bamboccioni”, da accudire. Questa è una tendenza che denota vecchiume anche nei giovani e radicamento alle vecchie abitudini senza però i valori di un tempo. I giovani che non si propongono e gli anziani che incollano il “sedere” sulle poltrone del potere perché – troppo insicuri – per sostenere il confronto. E poi cominciano le frasi ad effetto, del tipo “il futuro è dei giovani”. Il futuro? Ma perché non il presente? Forse proprio perché dobbiamo arrivare a 60 anni prima di affermarci nei vari settori?

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