Feuerbach affermava che quanto più si allarga la nostra conoscenza, più si restringe il numero delle persone la cui compagnia ci è gradita. La mente si allarga e di conseguenza le idee cambiano, si è meno predisposti e disposti a ragionare per stereotipi. Pertanto, la persona comincia a selezionare bene e meglio le sue amicizie. Logico, no? Eppure nella stragrande maggioranza dei casi il sapere incute timore. L’uomo è un essere sociale e, per paura dell’emarginazione, si adatta alla mentalità corrente, quella della massa.
Nel film Hurricane – Il grido dell’innocenza, Denzel Washington interpreta un pugile che viene arrestato per omicidio ma che è innocente. L’uomo, dopo alcune settimane in cella di isolamento, comincia a parlare con l’alter ego che vede e sente. Ha bisogno del contatto umano per riconoscersi e affermare se stesso. Ebbene, a ogni individuo accade la stessa cosa. Abbiamo bisogno degli altri, proprio come l’acqua e il cibo, e dunque temiamo che la comunità ci allontani, rinchiudendoci in una cella d’isolamento virtuale. Questa fobia generalmente non ci fa mai correre il rischio di fare e dire qualcosa d’impopolare… di diverso. Il desiderio di evitare ciò che più ci fa paura, cioè il giudizio sociale, per provare una gratificazione a breve termine, ci impedisce di capire che ci stiamo facendo del male, a lungo termine. Ora, la Cultura è l’essenza della vita; senza di essa l’uomo vivrebbe nelle caverne, non avrebbe medicine, né automobili, né aerei per spostarsi da un posto all’altro. Non potrebbe usufruire dell’immenso sapere tramandatoci da chi ha corso il rischio di avere pochi ma buoni amici. Gente che ci arricchisce, senza mai volerci tarpare le ali.
Oggi, più di ieri, possiamo usufruire liberamente della Cultura, perché basta un clic per avere accesso a quelle informazioni che ci rendono forse più soli nell’immediato ma sicuramente più ricchi a lungo termine. Facciamone uso!
m.i.