La Giornata della Terra 2016? Cento anni fa una ricorrenza del genere sarebbe stata anacronistica, impensabile. Perché? Vi rispondo raccontandovi un aneddoto. Una volta espressi la volontà di andare a vivere in aperta campagna, dove sognavo di creare il mio nido d’amore con l’uomo che è oggi mio marito. La mia interlocutrice, stupìta, m’invitò a rivedere le mie posizioni, cercando di farmi rinsavire. Per lei, che era nata e cresciuta in una realtà agricola e contadina, la mia scelta di vita appariva un po’ folle, agli antipodi, quasi controcorrente. Aveva la stessa espressione sorniona e austera che assumevo io quando mio padre mi spronava a fare miei i rudimenti di un mestiere tanto faticoso quanto affascinante, perché intriso di saggezza. «Se impari l’arte e la metti da parte, un domani te la caverai sempre», diceva con la zappa in mano e lo sguardo sognante. Lui è un operaio che è cresciuto in una famiglia di agricoltori. La campagna oggi è un hobby e una passione, per i miei nonni era fonte di sopravvivenza. Oggi so che mio padre aveva ragione, me ne accorgo quando al supermercato mi reco nel reparto del biologico, dove per un chilo di farina integrale, un sacchetto di mele e uno di limoni si spende il doppio se non il triplo rispetto ai prodotti concimati.
Abbiamo rinnegato la Terra e dal 1970 le dedichiamo una Giornata, tutta speciale, con eventi e iniziative per salvaguardarla, come se noi non facessimo parte di questo pianeta, come se l’essere umano non fosse nel Tutto. Fateci caso: il nostro organismo è fatto della stessa sostanza della Terra; il magnesio, il potassio, il ferro e lo zinco non sono forse dei minerali che nutrono le nostre cellule e che al contempo si trovano nel sottosuolo terrestre? Che stupidità allontanarsene! I Navajo sono un popolo di nativi che abita il west d’America, tra l’Arizona Settentrionale, lo Utah e il Nuovo Messico. Tramandano la loro saggezza di generazione in generazione con proverbi e aforismi molto antichi. Loro, per esempio, concepiscono la terra come una sorta di prestito che ricevono non in eredità dai padri bensì dai figli. Custodirla, proteggerla, soprattutto amarla è un dovere, proprio perché si tratta di un dono. L’idea di possesso qui decade, perché nulla ci appartiene, nemmeno – diceva Gesù – un capello.
La Giornata della Terra 2016, se interiorizzassimo veramente questi concetti, potrebbe acquisire un significato del tutto diverso, che bypassa la retorica, le frasi di circostanza e i trattati per entrare nell’ambito delle cose concrete e di quei gesti abitudinari, semplici. Il rispetto del Creato dovrebbe venirci naturale e spontaneo, l’amore per la Madre Terra non dovrebbe essere il frutto di campagne ideate per necessità e per fronteggiare un’emergenza, dovrebbe al contrario essere un modus vivendi, uno stile di vita. Morgan Freeman, appassionato di scienza, conduce una serie di documentari in onda su Sky, che s’intitolano “The Story of God”, nella prima puntata l’attore e conduttore indaga sul significato dell’Apocalisse nelle varie culture del mondo e arriva a una conclusione disarmante: la fine è già in atto dentro e fuori di noi, perché nella morte c’è sempre la vita e viceversa. Siamo in continua evoluzione. Nulla su questo pianeta è distrutto, tutto si ricicla, tutto scorre, tutto passa a nuova vita. Tutto risorge, perché come canta Francesca Michielin non esiste alcun grado di separazione tra me e l’Universo. Il nostro microrganismo è a immagine e somiglianza del macrocosmo. La distruzione del pianeta, pertanto, è solo nella nostra mente, giacché se poniamo fine con la nostra smania di potere e supremazia a ciò che conosciamo, la Terra continuerà a esistere a un livello diverso, con o senza di noi. Riflettiamo, insieme, su tutto ciò affinché la Giornata Mondiale della Terra 2016 abbia veramente un senso e ci faccia acquisire una nuova consapevolezza.