La sconfitta di Hillary Clinton e il femminile negato

In questi giorni si sta parlando e scrivendo molto di Donne anche a causa della sconfitta di Hillary Clinton alle elezioni presidenziali statunitensi. Hillary è stata battuta da una personalità forte che incarna il principio maschile, in tutte le sue sfumature, per una serie di ragioni; alcune le ho spiegate nel mio editoriale. Com’è apparsa Hillary Clinton in campagna elettorale? Sicuramente fredda, distaccata, mai dirompente, poco femminile: un uomo in gonnella, insomma. La sua comunicazione era, inoltre, poco rassicurante e in questo periodo d’incertezza le persone hanno un bisogno disperato di personalità decise e materne allo stesso tempo. Trump si è mostrato (non finirò mai di rilevarlo) coerente. Clinton, per far breccia nel cuore dei connazionali, avrebbe dovuto far un uso più massiccio e incisivo dei social – come sottolinea Marco Montemagno – e in particolare si sarebbe dovuta avvalere delle sue qualità senza imitare i colleghi uomini.

Far leva sul femminile significa riscoprire le proprie doti nascoste, quelle della Terra. Significa essere materne, intuitive, affettuose, contraddittorie e rassicuranti al punto giusto. Evocando i vari del Materno, la Clinton avrebbe certamente sbaragliato la controparte perché l’essere umano, a prescindere dalla nazionalità, ha sempre i medesimi bisogni. Le donne potranno concorrere alla pari solo se non rinnegano se stesse e quel femminile che non fa mai rima con volgarità né con debolezza bensì con coraggio e passione, perché le donne si lasciano dominare dall’aggressività o al contrario dalla passività quando pretendono di seguire – stravolgendo così la propria personalità – i modelli di riferimento costruiti però sulle necessità degli uomini, perché erano loro che fino agli anni Sessanta del secolo scorso facevano vita politica, sociale e lavorativa mentre le donne restavano a casa. Abbiamo il diritto di scendere in campo, se vogliamo, però non dobbiamo sotterrare la nostra Natura.

La Bellezza è nell’autenticità. La femminilità non è un peccato; se ciascuna porta con sé il proprio microcosmo fuori dalle pareti domestiche, senza vergognarsene, potrà beneficiarne appieno. In caso contrario siamo destinate a soccombere, sentendoci eternamente seconde perché gli uomini con la loro coerenza saranno sempre un passo davanti a noi. Non è una sfida tra il maschile e il femminile ma una cooperazione tra i sessi, anzi una sorta d’integrazione per costruire una società più giusta e più vera. Un sogno che si può realizzare soltanto se ciascuna non rinuncia alle proprie risorse interne, insite nell’Anima di ogni donna.

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto