La Scuola italiana si mobilita e ancora una volta blocca ogni tentativo di riforma. Il sistema scolastico nazionale è stantio e molte volte inefficiente ma la protesta va analizzata (è doveroso farlo) senza luoghi comuni. Le manifestazioni pacifiche indicano che la democrazia di un Paese è in perfetta salute, quindi ben vengano i cortei in piazza a patto che si protesti per cognizione di causa e non per partito preso, cioè per salvaguardare lo status quo d’insegnanti che troppe volte decidono di avvicinarsi a questo lavoro (il cui compito è nobile quanto quello dei genitori) perché, si diceva una volta, ti garantisce uno stipendio fisso e sicuro e non perché si è veramente predisposti. In un momento in cui nulla è più certo (sul nostro pianeta non c’è mai stata e mai ci sarà alcuna certezza, basti pensare che siamo esseri mortali che vivono in un luogo in cui ogni cosa non è mai uguale a se stessa) bisogna piuttosto allenare la nostra mente alla flessibilità; con ciò non intendo che il DDL sulla Scuola, varato dal Governo Renzi, sia valido ed efficace; anzi. Ci sono molti punti che andrebbero rivisti. A mio avviso, concentrare gran parte dei poteri nelle mani del dirigente scolastico è controproducente, perché si si rischierebbe di potenziare forme di clientelismo. Sebbene il principio su cui si regge il decreto legge non sia sbagliato, è necessario che il Governo tenga conto della realtà socioculturale italiana. Non servono altre riforme. Va riformato piuttosto il cervello della Scuola italiana, partendo da principi certi che motivino il corpo docente a lavorare non per mera gratificazione economica ma per una missione “alta”, cioè di formare cittadini consapevoli che cooperino per il benessere collettivo, partendo da valori quali per esempio la fiducia. Il senso civico è alla base di una società più equa e più giusta. Insegnare per passione. Studiare per il piacere di farlo. Protestare perché comprendiamo le ragioni della protesta e quindi riteniamo sia giusto. Il nostro cervello, che apprende per associazioni mentali, per prima cosa evita il dolore e poi cerca il piacere. Maria Montessori lo aveva capito e per questo riteneva che ogni educatore «deve assicurarsi che il bambino non confonda il bene con l’immobilità e il male con l’attività». Apprendere e insegnare non sono processi dolorosi bensì gratificanti. Il Governo Renzi deve varare i propri provvedimenti partendo da questa mentalità altrimenti ogni tentativo di riforma della Scuola Italiana sarà vano, oltre che controproducente.
Maria Ianniciello