Perché la vecchiaia fa paura? Cos’è la vecchiaia? La società occidentale ci mette dei paletti condizionandoci sul trascorrere degli anni e su come dobbiamo viverli. «Ogni cosa va fatta a suo tempo!», si sente spesso dire ma che cos’è il tempo, se non una percezione della mente? Per Sant’Agostino era alquanto aleatorio e infatti nel quotidiano, se non ci fossero gli orologi, l’unico indicatore certo sarebbe solo il tramonto del sole. La necessità di contare i secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, i secoli e i millenni ha senso solo nel nostro modo, tutto umano, di tratteggiare una cronologia che in un certo senso ci rassicura.
Come a dire: abbiamo bisogno di tenere il conto per non perdere le tracce di ciò che siamo stati. Se non avessimo un calendario forse la nostra vita non sarebbe la stessa. Per la psiche la ritualità annuale è vitale e quindi non mi riferisco a questa particolare percezione del tempo bensì alle tappe obbligate che deve percorrere un individuo. Sto parlando di quelle abitudini che caratterizzano i vari periodi della vita e che devono essere rispettate per forza altrimenti è sconveniente agli occhi altrui.
Ed è facile fare spallucce, aggiungendo: “E chi se ne importa del parere della gente!” quando si è nel sistema. E` piuttosto difficile applicare questa forma mentis nella pratica uscendo davvero dal sistema e dall’insana abitudine di temere i giudizi altrui perché siamo programmati per vivere in gruppo, senza il quale un individuo in un pianeta come il nostro sarebbe spacciato. Lo sanno molto bene i lupi e tutti quegli animali che vivono in branco, come alcuni felini. Adeguarsi alla logica di una comunità è istintivo, dunque. Eppure quanto questa cosa, nella società odierna, ci fa stare bene?
E torniamo al tempo. C’è un periodo della vita che mi sta particolarmente a cuore e non perché io mi stia avvicinando ad esso, ma perché è l’era in cui l’individuo può sentirsi veramente solo ed emarginato, soprattutto se manca la salute. Mi riferisco alla Terza età. E` convinzione comune che in questo periodo della vita un uomo e una donna debbano comportarsi in un certo modo, smettendo di apprendere e dedicandosi, se c’è la salute, ad attività ricreative e meno impegnative. Altrimenti, se magari si ha avuto la sfortuna di avere delle malattie degenerative, un letto è l’unica via possibile. Triste no? Eppure è così.
In passato i ‘vecchi’ avevano invece un ruolo prioritario in famiglia ed è anche vero che la vita si è allungata ma non è altrettanto vero che bisogna per forza di cose morire in un letto di ospedale, imbottiti di farmaci. Si può tranquillamente arrivare alla fine dell’esistenza in modo sano e naturale magari facendo anche quelle cose che si desiderano da tempo. Come ci dimostra il film Indian – La grande sfida, con Anthony Hopkins nel ruolo di Burt Munro, un uomo anziano che vive in Nuova Zelanda e che sogna da venticinque anni di battere il record di velocità della sua categoria alla Speed Week, una manifestazione che si svolge annualmente sul lago di Bonneville, nello Stato dello Utah negli Usa.
Finanziato da una banca e col rischio che gli possa venire un infarto da un momento all’altro, riesce a partire. Basato su una storia realmente accaduta, il film ci mostra come quest’uomo non più giovane, facendo leva sulle sue risorse interne riesca a scorgere in ogni difficoltà che incontra – e non sono poche – una nuova motivazione per continuare a credere nel suo sogno. Questo lo aiuta a vedere appoggi, laddove veramente ce ne sono, e ad affrontare le sfide. Durante il suo viaggio troverà tante persone che gli tenderanno la mano perché la sua mente non è annebbiata da false convinzioni che gli avrebbero ostacolato altrimenti il percorso! Fa della paura una grande alleata e abbatte l’ostacolo con la semplicità dell’uomo di campagna e con l’audacia di un bambino; non per niente il suo più grande amico è proprio un ragazzino che, quando Burt è negli Stati Uniti, si prende cura delle sue galline.
La vecchiaia fa paura e di conseguenza i preconcetti sulla Terza età inchiodano gli anziani ad una vita grigia. E magari già a 50 anni si fa anche in modo che il viso sia privo di rughe ricorrendo ai bisturi per timore di non essere più utili: questa è l’amara realtà! Si potrebbe invece trascorrere la fase finale dell’esistenza cercando di viverla e farla vivere al meglio, perché c’è ancora tanto… tanto da imparare e da dare. Finché il cuore batte e la mente è vigile c’è sempre una nuova possibilità…