Mamma e figlia tra incomprensioni, litigi e sensi di colpa

Il rapporto tra mamma e figlia può essere anche conflittuale e, se non costruito sulle fondamenta solide del vero amore, può generare oltre che incomprensioni anche sensi di colpa, ansie e paure. La storia di Giulia e Martina ci permette di guardare questo legame da un’altra prospettiva.

Mamma e figliaGiulia mi guardò e cominciò a piangere temendo di perdere tutto quello che aveva acquisito negli anni con sacrifici, dedizione e tanta costanza. Non conosceva nemmeno il motivo “profondo” per cui stesse piangendo, ma volle da me il consiglio di un’amica. «Spassionato», mi disse. «Tu che parli tanto alle donne e per le donne, aiutami a capire come devo comportarmi con mia figlia!». Mi sentii a disagio perché tanti pensieri “limitanti” mi passavano per la mente ma soprattutto mi chiedevo: “Che cosa potrei mai dirle io che non ho un figlio e forse non lo concepisco solo per paura?”. Lei, mia amica tra l’altro più grande di me, aveva fatto scelte a suo dire «sbagliate». A 18 anni si era innamorata di un uomo più maturo di lei ed era rimasta incinta. Si erano sposati subito e, dopo nove mesi, Giulia aveva dato alla luce Martina che oggi ha diciannove anni e tanti sogni da realizzare. Giulia e Martina sono cresciute insieme mentre Carlo, marito e padre, si assentava per lavoro o per una scappatella fino a quando non aveva abbandonato moglie e figlia per un’altra donna e un’altra vita. «Martina mi odia», mi disse Giulia tra le lacrime: «Lei mi accusa di avere allontanato suo padre e io non so cosa fare, tra l’altro ho vissuto solo per lei lavorando sodo e facendo molte rinunce. Lei ormai sta facendo la sua vita e si sta allontanando da me». Io conoscevo Martina. Lei non odiava sua madre, anzi più volte la ragazza mi aveva confidato che avrebbe voluto tante aiutare Giulia ma si sentiva impotente perché sua madre la soffocava con il troppo amore. Guardandola e trattandola come una bimba, la mia amica si era costruita una prigione dorata, dove dimoravano lei e sua figlia, da sempre amiche e confidenti. Martina si sentiva soffocare. Voleva una madre e non un’amica. Giulia, che era stata lasciata dal marito, soffriva di un male certamente curabile ma deleterio: la sindrome dell’abbandono. E quindi la mia amica aveva riversato sulla figlia tutte le sue paure, colmandola di un amore malato. Una madre, invece, non si limita a crescere un figlio ma guida la sua creatura fornendole gli strumenti per percorrere da sola, in autonomia e sicurezza, il sentiero della vita. Attenta al linguaggio verbale e non verbale, la mamma alleva il bambino considerandolo non un oggetto bensì un essere umano che ha tutto il diritto di scoprire qual è il suo posto nel mondo. Crescerlo senza trasmettergli insicurezze. Dare fiducia ai figli per non correre il rischio di renderli ingenui, passivi e deboli o aggressivi e arroganti: questi dovrebbero essere gli obiettivi di ogni genitore. Una madre non soffoca la propria creatura ma la cresce nell’amore universale. Ho cercato, quindi, di dire queste cose a Giulia, facendo leva sul suo buonsenso e rassicurandola. Il suo senso di colpa per essere stata lasciata dal marito le impediva di ricevere e dare Amore autentico. Come si può uscire dal senso di colpa? Con la forza del perdono assoluto, che ci consente di vedere le difficoltà e le prove della vita come un’occasione per evolverci invece che un limite. Giulia, per migliorare il rapporto con sua figlia, doveva prima di tutto perdonare se stessa considerando gli eventi negativi come una grande benedizione. Perdonando se stessa la mia amica avrebbe “lasciato andare” il passato. Martina sarebbe diventata per Giulia un faro che deve poter emanare la sua luce nel mondo senza alcun impedimento. Mamma e figlia si sarebbero liberate e così è stato!

Spero che questa storia possa essere utile alle tante mamme e figlie che stanno attraversando momenti d’incomprensione. Ad Maiora semper.

 

Maria Ianniciello

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