Quanto sta accadendo in queste ore in Nord Africa, non può non interessare il resto del mondo e soprattutto l’Italia che ha molto da guadagnare in quelle aree. La situazione in Algeria, come titolano i quotidiani francesi, è sempre più confusa e mutevole; a destare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale è la vicenda degli ostaggi occidentali prigionieri dei ribelli algerini. Dal processo di decolonizzazione, avviato con la Seconda Guerra Mondiale, molte cose sono cambiate: il mondo è diventato più piccolo grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, gli Stati Uniti non sono più la super potenza economica di un tempo e la Guerra Fredda, con la corsa agli armamenti, è ormai solo un ricordo. Gli equilibri sono di conseguenza cambiati, ma il desiderio costante e compulsivo di un popolo di prevalere su un altro popolo resta immutato. Da secoli, purtroppo. L’Africa sta dicendo ancora una volta no al colonialismo, che ha solo cambiato volto, e lo fa con una ferocia senza pari e con un’uguaglianza disarmante: si uccidono donne, uomini, bambini e anziani senza alcuna distinzione tra occidentali e conterranei. Perché l’Africa dalla Seconda Guerra Mondiale in poi ha conosciuto solo guerra e morte, quindi si difende come può, utilizzando gli strumenti che conosce, cioè quello che gli è stato insegnato da chi oggi combatte senza sosta il terrorismo.
E infatti, parafrasando Jean Jacques Rousseau, “una cattiva azione non ci tormenta appena compiuta, ma a distanza di molto tempo, quando la si ricorda, perché il ricordo non si spegne”.
Maria Ianniciello