Qual è il significato della solidarietà? E cosa vuol dire questo termine così nobile, quasi celestiale?
«E` scattata la gara per la solidarietà». Quante volte abbiamo sentito al TG o letto questa frase sui giornali dopo una calamità? Penso tantissime, eppure io mi sono sempre chiesta come si possa accostare il termine “solidarietà” a una parola come “gara”? Non c’è nulla di solidale in una gara che presuppone un vinto e un vincitore; si tratta di una parola usata nell’ambito dell’agonismo, quindi è totalmente inadatta a definire una situazione di criticità, in cui le persone sono invogliate a fare qualcosa per chi soffre. Eppure in quella frase c’è l’essenza dell’Occidente che si nutre di sensazionalismi. La gente si sente in dovere di partecipare a questa grande gara per la solidarietà e allora i social network si riempiono di fotografie a testimoniare che quanto promesso è stato mantenuto. Il bonifico all’associazione umanitaria di turno è stato inoltrato con sacrifici enormi e ciascuno di noi ha fatto il suo, adesso la coscienza è apposto! Perdonatemi per il cinismo ma questa smania di apparire ogni tanto m’inquieta; la solidarietà è tutt’altra cosa, come del resto la carità, la fede e la speranza.
Solidarietà vuol dire supportare il prossimo con partecipazione e più nel profondo significa percepire le sensazioni altrui in maniera totale, con il soma e con la psiche, tanto da voler dare un proprio personale contributo a uno o più individui in difficoltà. La persona solidale è empatica e dona una parte di ciò che ha senza un tornaconto personale ma con lo scopo di aiutare l’altro perché percepisce sulla propria pelle quello specifico dolore. Non c’è agonismo nella solidarietà ma solo amore allo stato puro. Bisognerebbe, pertanto, riscoprire il significato originario di questo termine, spesso accostato alla parola carità.
Nel Cristianesimo delle origini – come spiega l’alchimista Stefano Stefani – il termine carità aveva un significato diverso rispetto a quello attribuitogli oggi. «La carità oggi è fare l’elemosina al poverello, in realtà in origine era tutt’altra cosa. San Martino incontra il povero nudo e freddoloso sulla strada, taglia il suo mantello e gliene dà metà (non tutto). E` la capacità di mantenere il giusto equilibrio tra le esigenze interne ed esterne, in modo da essere sintonizzati con l’ambiente. E il primo passo è lo stato di amore, l’abbattimento della barriera tra me e l’altro da me», dice lo studioso in un video pubblicato su Youtube. Oggi la vera solidarietà manca quasi del tutto, perché l’apparire ha subordinato l’Essere, dunque poniamo sul volto la maschera di una falsa bontà che ci fa essere a volte un po’ maestri nell’arte del mentire prima di tutto a noi stessi. Riscoprendo la vera solidarietà, ritroviamo bellezza e armonia, che purtroppo sono carenti in questa società materialista e melliflua ma bisognosa di approvazione e perciò assetata d’amore. Per comprendere meglio, vi suggerisco di vedere il film “Un sogno per domani”, il cui protagonista è un bambino che decide di mettere in atto una vera e propria strategia per la solidarietà. Lo spunto gli viene dal suo docente che aveva assegnato alla classe un tema. Trevor (questo il nome del bambino) ama in modo disinteressato perché rispetta prima di tutto se stesso, incondizionatamente, giacché sa onorare la Vita che è fuori e dentro di lui senza sacrificio…