Dal 27 ottobre al 12 novembre, presso il Mediamuseum di Pescara (Piazza Alessandrini, 34), si terrà una mostra personale di pittura dal titolo “La Metapittura” del Maestro Gianni D’Amore. L’ingresso è libero. Vernissage in programma per oggi pomeriggio alle ore 17. L’esposizione sarà aperta tutti i giorni feriali dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 17 alle 19.
LA CRITICA
Scrive Laura Rainone: «Gianni D’Amore, altrove inquadrato negli schemi di una pittura che si sviluppa “nel segno del colore”, per riprendere il titolo di una mostra che lo ha visto protagonista all’Aurum di Pescara a fine maggio scorso. Le immagini, frutto di una tavolozza pastosa e ricca di colori vibranti, a volte fiori, altre grattacieli, altre ancora piramidi, oppure corsi d’acqua o ancora vele e palme, o infine volti, mutano nel tempo in modo lieve ma conservano le proprietà di un gesto pittorico quasi istintuale. Con Gianni D’Amore è importante non tanto entrare nell’iconografia, quanto accorgersi della forza emotiva che le sue opere sprigionano e comprenderne la creatività. Il linguaggio stilistico tradisce l’urgenza dell’espressione artistica, di una creazione sempre aperta, di una continua volontà di rinascere. I riferimenti alla Scuola di Piazza del Popolo non possono essere trascurati, e soprattutto in questo senso la rilevanza dell’estetica di Franco Angeli, che, amico e maestro, gli ha suggerito negli anni Ottanta nuove ricerche sull’uso del colore e sulle tecniche pittoriche; ma D’Amore cerca la propria strada, e liberandosi da quelle “regole” costruisce il proprio equilibrio e propone una luminosità immediata, che stupisce subito lo sguardo e alcune volte anche in modo spietato, portatrice di una materialità che tende a fermare sulla tela ciò che il tempo inevitabilmente trasforma, una materialità abbagliante ed esaltante».
«Le accensioni cromatiche e le assolute assenze di chiaroscuri – aggiunge Rainone – offrono una lettura diretta dell’opera di D’Amore, e portano il ricordo al mare tormentoso della Sicilia, terra d’origine del pittore, oppure ai cieli vulcanici di artisti del passato come Nolde. E’ come se l’intera realtà fosse un’onda di energia, tanto da rendere lo stesso linguaggio estetico veloce quanto il segno che lo esegue. Spiccano così i contrasti cromatici tipici di questa spontaneità esecutiva, che divengono dunque elementi vitali per l’intera composizione. La creazione artistica suggella la fase emotiva, eliminando quella distanza tra opera ed esecutore. Ed è come se ad ogni opera D’Amore riaprisse il libro della memoria, raccontando il vissuto con immediata e sfolgorante esecuzione, al fine di proiettare esternamente il sentito. E’ forse necessario che lo spettatore sappia individuare l’antefatto emotivo per poter leggere il segno pittorico che ne deriva e poter apprezzare quindi l’evolversi negli anni di questa esperienza estetica, propria di una vita intensa e a volte decisamente impetuosa. La maturità artistica odierna risulta essere l’approdo ad un linguaggio stilistico autonomo, libero, quasi un alfabeto tipico dell’ambiente artistico romano degli anni settanta e ottanta che D’Amore ha saputo far proprio, rielaborandolo in un linguaggio di comunicazione, su una tela dove è soprattutto il colore a creare l’illusione delle forme. Si intravvede la necessità di utilizzare in modo personale la materia pittorica, spingendo verso il geometrico le rappresentazioni, mai privandole di riferimenti diretti alle forme reali, perchè il fine è liberare quell’urlo iniziale, “primordiale”, troppo a lungo rimasto a tacere e manifestazione di una grave mediazione con il quotidiano, espressione di una molteplicità di contenuti interiori, per sviluppare quindi un’arte priva di discontinuità tra passato e presente e capace di unire spazio e tempo».