American Sniper, il libro di Chris Kyle? Memoir senza rimpianti

libro American SniperLa guerra è stata da sempre grande protagonista della letteratura. I romanzi così come i racconti ci aiutano a capire, soprattutto a distanza di anni, le ragioni e i sentimenti che l’hanno generata. Dagli inizi del 1900 a oggi l’America è stata coinvolta in qualsiasi tipo di conflitto ma la svolta, in termini di politica ed economia, è avvenuta durante la guerra ventennale in Vietnam.

In quel caso il libro più rappresentativo è Dispacci di Michael Herr da cui sono stati tratti celebri film come “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola e “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick. Quei veterani sono stati prontamente sostituiti da soldati di nuova generazione, che dal 2003 al 2011 è stata impiegata nella dispendiosa guerra in Iraq in seguito all’attacco terroristico al World Trade Center di New York l’11 settembre 2001. Proprio in questo scenario si inserisce la storia di Chris Kyle, uno dei migliori tiratori scelti del corpo dei Navy SEAL, ovvero le Forze per Operazioni Speciali della Marina degli Stati Uniti. Il suo libro “American sniper” (Mondadori) è uscito nel gennaio 2012 per stazionare per ben 20 settimane sulla lista dei best seller del New York Times.

Quello di Kyle, che ha operato nella Marina dal 1999 al 2009, non è soltanto il dettagliato e adrenalinico racconto delle gesta del cecchino più letale nella storia militare americana, diventato una leggenda, ma soprattutto un memoir di estrema umanità e coraggio. Al-Shaiṭān (“il Diavolo”) così fu ribattezzato dalle milizie irachene che avevano messo una taglia di oltre 180.000 dollari sulla testa dopo aver “collezionato” oltre 160 uccisioni dai tetti dei fatiscenti edifici dei “nemici”. Dopo averci introdotto brevemente nella sua vita di ragazzo, Chris Kyle nel suo libro ci conduce nella sua personale esperienza di guerra privandola di tutti gli “abbellimenti” diplomatici per restituirci la nuda verità. Non ci sono eroi in American Sniper e anche laddove si parla di patria, fratellanza e fede emerge lo spaventoso identikit di un uomo che per esistere ha bisogno di uccidere. Sembra avere le idee ben chiare Chris Kyle che divide il mondo tra “buoni” e “cattivi”, tra “bene” e “male” e tra “paradiso” e “inferno” ma che poi è incapace di stare accanto alla sua famiglia in nome di un concetto di “giustizia” alquanto discutibile.

Non ci va per il sottile il marine che, riferendosi ai suoi nemici, dice di non avere “nessun rimpianto” se non quello di “non averne uccisi di più”. Il suo è un racconto arrogante e cinico in cui l’autore non ha paura di affermare sinceramente ciò che pensa e di schierarsi contro i burocrati, i benpensanti e le autorità. La guerra per lui è, in fondo, “una questione personale” e lo scopo è molto chiaro: “ammazzare lo stupido bastardo dall’altra parte”. Kyle non si ritiene un esportatore di democrazia, come da sempre decantato dai governi americani bensì uno che combatte per il suo Paese perché dell’Iraq, in fondo, non gliene importa un accidenti. Ecco perché trascorre il poco tempo libero guardando i film di Clint Eastwood e John Wayne. Aveva un futuro da cowboy Kyle che dopo l’11 settembre ha scelto “vendicare” i suoi connazionali e andare al fronte resistendo a qualsiasi tipo di addestramento. Voleva a tutti i costi diventare un soldato ma quando ci è riuscito aveva capito che “in fondo non era nulla di straordinario”.

Innumerevoli le vite che è riuscito a salvare così come le imprese che lo hanno visto protagonista: nelle città irachene di Fallujah e Ramadi ha messo in salvo diverse decine di marine, sparato e colpito da una distanza di oltre 2 chilometri e si è contraddistinto per l’intelligenza militare e il coraggio. Ma non voleva essere ringraziato Kyle, che riteneva suo dovere, in qualità di marine, proteggere e difendere quanti più innocenti possibili anche a costo di sacrificare per anni la sua famiglia. Le ferite riportate, la tragica morte di due cari amici e le esigenze della sua famiglia lo riconducono indietro, in Texas, dove non si ferma e continua a contribuire con la sua esperienza alla causa dei veterani feriti e mutilati in guerra. Ecco perché American Sniper è un vivido memoir di guerra senza precedenti, un’occasione per conoscere da vicino i tormenti interiori di un guerriero e di coloro che lo circondano ma anche un approfondimento su un pezzo di storia di cui, tutto sommato, sappiamo ben poco.

Quella di Chris Kyle è una biografia eloquente, aggressiva e piena d’azione capace di far riflettere su cosa sia la guerra e che effetto può avere su un uomo che non si sottrae e la combatte come se dovesse salvare il mondo intero. “Chris ha visto e fatto cose di cui si parlerà per generazioni”, questo il ricordo di Marcus Lutrell, ex SEAL e autore del best seller “Lone Survivor”, che lo stesso Kyle ci invita a leggere nel suo libro. Ricordo perché Kyle dall’Iraq è tornato ma pochi anni dopo, nel 2013, è stato ucciso al poligono proprio da un commilitone che soffriva di un disturbo di stress post-traumatico. Uno scherzo del destino o forse l’ineluttabile conseguenza di una vita dedicata alla vendetta e a un concetto di patria antitetico e romantico (“Aiutarsi gli uni con gli altri: questa è l’America”). D’altronde, per usare le sue stesse parole, cos’è la guerra se non “abbracciare la morte”?

Rosa Maiuccaro

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