Due amanti che si perdono, quasi si dissolvono, in un vortice che grazie a pennellate rapide e grumose sembra scomporne i corpi. Una sorta di tempesta che più che esteriore sembrerebbe interiore, come a indicare la precarietà della passione, del possesso dell’altro. Si tratta di “La sposa nel vento”, forse la più famosa opera del pittore Oskar Kokoschka. Un capolavoro, il dipinto, nel quale lo stesso artista vede riflettersi la sua tormentata storia d’amore con Alma Mahler, vedova del famoso compositore austriaco. Una relazione passionale, breve ma carica di gelosia, di istinto, di un’ossessione che, infine, porterà Kokoschka alla ricerca di un simulacro, di una copia della donna che non può più avere.
È la storia, questa, che pagina dopo pagina viene abilmente ricostruita da Andrea Camilleri in “La creatura del desiderio”, il libro appena pubblicato da Skira. Un’indagine attenta, che a partire da documenti, scritti autobiografici, lettere e testimonianze ha portato lo scrittore siciliano alla stesura di un libro che svela segreti poco noti di una liason tra due personaggi di spicco della Vienna di primo Novecento. Da una parte c’è lei, donna che nel corso della sua vita ha avuto relazioni con numerosi uomini protagonisti della vita culturale del tempo, tra cui Gustav Klimt, Walter Gropius e Franz Werfel. «Alma, bellissima, di grandissimo fascino, a diciotto anni – racconta Camilleri – già amante del grande pittore Klimt, aveva sposato il notissimo compositore e direttore d’orchestra Gustav Mahler, molto più anziano di lei, divenendo così la regina del mondo intellettuale non solo viennese dell’epoca». Dall’altra c’è lui, il pittore «apprezzato e anche molto discusso nei circoli artistici tedeschi, ma costantemente stroncato dalla critica».
È il 1912 quando, in una Vienna straordinariamente fiorente dal punto di vista culturale, l’affascinante vedova di Mahler punta i suoi occhi su un dapprima impacciato, incredulo, intimidito Kokoschka, al quale la donna commissiona un dipinto. È l’inizio, questo, di una relazione appassionata, che Camilleri ricostruisce proponendo i punti di vista di entrambi i protagonisti e che, nei primi mesi, è testimoniata da lettere sempre più focose, scritte dal pittore alla sua musa ispiratrice. Poi, però, la gelosia, anche retroattiva, nei confronti degli uomini di Alma e della sua mondanità: una follia degenerativa che, insieme a un aborto, sarà causa della rottura tra i due e della conseguente ossessione di Kokoschka. «Non avevo il permesso di guardare nessuno – scrive la stessa donna nel suo diario, riproposto da Camilleri – o di parlare con nessuno. Insultava tutti i miei visitatori ed era sempre in agguato ad aspettarmi. I miei vestiti dovevano essere sempre chiusi al collo e ai polsi: non potevo incrociare le gambe quando mi sedevo…era una vera assurdità». È l’inizio, questo, di un periodo di tormento per Kokoschka, profetizzato anche dall’amico, e noto architetto, Adolf Loos: «Ho paura che Alma possa esercitare un’influenza negativa su Oskar. E, conoscendolo bene, temo che tutto questo possa avere una fine addirittura tragica».
Un periodo difficile, dicevamo, dapprima per via della guerra, durante la quale il pittore rimarrà ferito, in seguito per l’estenuante ricerca di una nuova quotidianità senza Alma, o meglio, senza la reale Alma. È nella seconda parte del suo libro che Camilleri ci trasporta, infatti, a Dresda, dove l’ossessione e il ricordo della passione conducono il pittore verso la costruzione di un simulacro femminile: una bambola commissionata alla migliore artigiana di Monaco e con la quale l’uomo condividerà parte della sua vita. Tra uscite in carrozza, concerti all’Opera e inviti da amici, Kokoschka proverà a ricostruire la sua idea di relazione con Alma, anche e soprattutto a letto. Una spirale ossessiva che, forse anche a causa degli errori di sempre, dovrà a un certo punto trovare una fine.
Valentina Sala