Un retrospettiva inedita e ricca quella dedicata al pittore, grafico e incisore friulano Angiolo D’Andrea (Rauscedo, Pordenone, 1880-1942), prolifico e versatile maestro che, nei primi decenni del Novecento, ha attraversato con la sua opera stili ed espressioni artistiche, lasciando un’impronta distintiva seppur celata in molti luoghi della città di Milano, e realizzata dalla Fondazione Bracco in collaborazione con il Comune di Milano e curata dal professor Luciano Caramel.
L’esposizione “Angiolo D’Andrea. La riscoperta di un Maestro tra Simbolismo e Novecento”, ospitata nella cornice di Palazzo Morando fino al 17 febbraio 2013, si propone innanzitutto, attraverso un percorso espositivo che conta oltre centoquaranta opere tra dipinti, disegni e decorazioni, di restituire il ritratto e l’opera di un artista poco conosciuto, che pure fu protagonista della vivace stagione artistica dei primi decenni del XX secolo. Nei primi quarant’anni del Novecento D’Andrea ha conquistato lusinghieri riconoscimenti di critica e di mercato, in Lombardia soprattutto e in particolare a Milano, dove visse dal 1906, partecipando alle Esposizioni Nazionali di Brera ed esponendo nell’importante Galleria Pesaro. A Milano realizzò anche alcuni interventi nell’ architettura, fra cui le decorazioni di Palazzo Berri-Meregalli in via Cappuccini, il Caffè Camparino in Galleria Vittorio Emanuele II e un ciclo di vetrate per la cappella e il salone dei benefattori del Nuovo Ospedale Maggiore di Niguarda. Nel 1922 espose alla Biennale di Venezia il dipinto “Gratia plena”.
Nel salvataggio della collezione di D’Andrea, ruolo fondamentale fu svolto dal commendator Elio Bracco di Milano, industriale farmaceutico e nonno di Diana Bracco: poco prima della morte del pittore, Elio Bracco, suo estimatore e amico, acquistò in blocco le molte opere ancora presenti nello studio milanese nella speranza di realizzare una grande mostra dedicata al pittore, allora impedita dalla guerra e ora finalmente realizzata grazie anche al contributo degli eredi dell’artista e arricchita di quindici opere di provenienza museale: quattro dipinti dalla collezione permanente di Palazzo Morando; due dal Museo del Novecento di Milano; uno dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza; otto disegni dal Mart di Rovereto.
Una mostra unica, articolata, eclettica che conduce il visitatore in un itinerario che dai soggetti simbolici approda alla spiritualità sottesa nel mondo naturale, invita alla contemplazione di vedute e paesaggi, per poi soffermarsi su istantanee dolorose della Grande Guerra, restituendo infine la percezione della figura femminile, tra eros e maternità, e le suggestioni del genere con i coloratissimi fiori e le preziose nature morte.