La cartella dei propri genitori, ben visibile sul desktop, oggi piena di fotografie, scomparirà domani nel mondo di Google. In esso, l’immagine sostituisce la realtà. Chi appartiene a questo statuto conosce sia la morte che la vita eterna: nel mezzo, le immagini scompaiono, ma riappaiono a un nuovo contatto. Questo gioco del “c’è e non c’è” finisce col contagiare anche il mondo affettivo. E’ l’immagine infatti, non la realtà, che riaccende affetti ed emozioni. L’allenamento fa sì che la realtà mentale e quella virtuale si identifichino e si scambino i ruoli. La realtà perde realtà. Tutto appare vero e sempre presente. Eterno, vero, ma irreale. Viene anestetizzata la paura dell’assenza e quella della morte. Pionieri nelle dimensioni atemporali dell’immagine, i figli dei Sessantottini sono diventati figli di Google. E’ a quell’epoca, gli Anni Settanta, che risalgono i miei dipinti che accompagnano questa scrittura. Insieme all’autonomia e alla realizzazione sociale, questi figli hanno respirato la progressiva de realizzazione dei loro padri. Pertanto, hanno conseguito l’abilitazione all’abbandono, affidando i loro vecchi al silenzio e alla paura. I loro discendenti, a loro volta – gli adolescenti del presente – eredi di irrealtà, felici si ubriacano la notte, per poi morire sulle strade. Alla ricerca di allucinazioni condivise, c’è chi ama troppo presto e chi uccide i genitori. Tanto, niente è vero! I Sessantottini invece, muti prima con i padri e dopo con i figli, furono scaraventati nella vita allorché si spalancarono i sipari della liberazione e della creatività.
Ma furono proprio loro, geniali artisti della cancellazione, a educare i loro figli a cancellare i vecchi affetti. Sono loro, oggi, i super abbandonati, che continuano a tacere, convinti di meritare l’abbandono. Nostalgia della famiglia patriarcale? Non so. Non la conosco. Ma ne ho sentito parlare. Accuditi da possibilismi affettivi, affidati a mezzi super-raffinati, i vecchi padri implorano presenza e contatto.Tacendo. I non-figli dei Sessantottini amano così i non-padri della liberazione. Con chi dialogare? Forse con la storia? Una maglia nel DNA affettivo è saltata, ma abitiamo affascinati i non-luoghi di Skype. Noi, genitori elettronici, abbiamo perso l’esistenza morale per entrare nell’esistenza estetica: simulacri, appunto, presenza di un’assenza, ma… poveri i nostri figli, confidanti nel nulla, costretti a piangere, prima della fine, i nostri addii.
Pina Arfè