Tempesta di neve e Profumo di Mandorle di Camilla Läckberg è un romanzo che fa emergere nuovamente lo stile narrativo unico e pungente della scrittrice, capace sia di pennellare una vicenda complessa che toccare temi d’interesse comune. I cinque mini-racconti rappresentano nella loro interezza storie radicate nella nostra modernità. L’autrice, che è celebre per i suoi romanzi a sfondo poliziesco, in Tempesta di neve e Profumo di Mandorle, non dimentica i temi a lei cari raccontando cinque storie appunto dal fascino seducente ma fredde come una tormenta di neve. ‘Sognando Elisabeth’ inaugura il romanzo, ‘Il caffè delle Vedove’ scalda l’atmosfera, ‘Una morte Elegante’ fa scendere un brivido lungo la schiena, ‘Una giornata infernale’ è assolutamente disarmante e l’ultimo racconto, che poi da il titolo al manoscritto, è una storia disinibita che scandaglia i segreti di una famiglia come tante. Se analizziamo il romanzo con gli occhi di un lettore, senza pretese, Tempesta di Neve e Profumo di Mandorle rimane un esperimento molto riuscito (nella sua interezza) e assolutamente coinvolgente, perché non è da tutti riuscire a scrivere cinque storie diverse fra loro ma con un denominatore comune; se invece ci approcciamo con una mente critica, s’intravedono tutti i difetti di un romanzo nato esclusivamente per ‘emergenze editoriali’. Infatti, al di là dei racconti forti e decisi e amplificati con temi d’interesse comune, essenzialmente non si riesce a entrare in empatia con nessuno dei personaggi presenti nel manoscritto. Costoro sono approfonditi sommariamente, hanno una psicologia spicciola, non riescono a ‘interfacciarsi con il lettore’ e soprattutto (cosa ancor più grave) sono dei personaggi mono-dimensionali che non esplodono con veemenza rimanendo così chiusi nel microcosmo che si sono creati senza guardare cosa c’è oltre la siepe.
Si nota questo piccolo ma importante dettaglio soprattutto nel secondo racconto, ‘Il caffè delle vedove’, nel quale la ‘dolce’ Marianne non si sofferma più di tanto sulla situazione di grave disagio che si sta abbattendo sulla sua esistenza […]”L’idea di aprire un caffè le frullava in testa da tempo, ma senza mai trovare un appiglio concreto a cui ancorare quel sogno. Quando si era imbattuta per caso in quel vecchio emporio di campagna durante una delle sue lunghe passeggiate, era stato come se qualcosa l’avesse afferrata, rifiutandosi di mollare la presa. Quel rudere le si era stampato negli occhi fino all’ultimo, fatiscente dettaglio”. La vendetta è il tema portante del romanzo di Camilla Läckberg, una vendetta che traspare in tutte le sue sfaccettature più complesse e perverse, un atto guidato da un senso di rabbia, rassegnazione e cupidigia. Traspare per esempio dalla situazione vissuta da Malin, che finirà per uccidere il marito durante una gita in barca, oppure da Marianne che ha trasformato il suo caffè in un punto di ritrovo da donne vessate dall’ira dei mariti. Gli esempi quindi si rincorrono per tutto il romanzo, ben nascosti fra ossimori, iperbole e incastonati in una narrazione discontinua, ma ciò che rende ‘Tempesta di neve e Profumo di Mandorle’ un libro degno di nota (da leggere solo una volta e poi riposto nella libreria) è la caratteristica di poter assaporare gli usi e i costumi di una terra lontana i sapori e gli umori di una landa fredda e desolata come la Svezia, dove fra i suoi ghiacci si nasconde tutto il marcio di una società allo sbando ma capace di comprendere i suoi errori.
Questi paesaggi sono dunque il collante necessario e sufficiente per rendere tale il romanzo. […]”Si voltò indietro. Fjällbacka era davvero di una bellezza straordinaria, soprattutto in quel periodo, con le casette di legno tutte ammantate di neve. Adagiata contro le rocce grigie, regalava uno spettacolo unico e suggestivo.” In Italia avanzano quindi a grande falcate i thriller e i gialli nordici che, rispetto a quelli americani o inglesi, hanno sempre una marcia in più. Gli esempi ultimamente si rincorrono in lungo ed in largo nelle librerie (a partire da Steig Larsson ad esempio), eppure l’esperimento di Camilla Läckberg lascia un po’ basiti. Da un’autrice, caparbia e capace di trattare temi di così grande spessore, ci si aspettava molto di più che cinque racconti scollegati – apparentemente – fra loro. Con tutto questo background poteva essere realizzato un romanzo ben più asfissiante e complesso rispetto a quello che ci troviamo di fronte, un’occasione sprecata soprattutto perché l’autrice ha alzato sommariamente il velo su alcuni disagi sociali che, la maggior parte delle volte, si perdono in una marea di frasi già dette e in pallidi perbenismi.